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Francesco, calabrese, del gruppo “Quelli di sempre”, nei Distinti: «È Napoli la mia città. È qui che voglio vivere»

Francesco, calabrese, del gruppo “Quelli di sempre”, nei Distinti: «È Napoli la mia città. È qui che voglio vivere»

Francesco Diaco, 34 anni, è nato a Rossano Calabro, in provincia di Cosenza, a pochi passi dal mare e a un palmo di mano dalla Sila, ma è stato introdotto sin da piccolo alla magia dell’azzurro Napoli, grazie al nonno e agli zii partenopei. L’“educazione” familiare ha dato così buoni frutti che Francesco oggi vive a Napoli in pianta stabile, lavora come informatore medico scientifico. Ha scelto, come casa, la nostra città.

«I miei nonni sono di Forcella, un quartiere che se lo senti raccontare da fuori pensi di non venirci mai nemmeno per una passeggiata, per come lo dipingono. Ma se lo vivi e ti impegni a conoscere il rione, ci trovi gente fantastica, buona, umile, gente che se vede che sei un bravo ragazzo e rispetti le loro regole stai sicuro che potrai camminarci anche la notte in quei vicoli scuri e non ti succederà niente».

Francesco si è trasferito a Napoli (al centro storico) circa sei anni fa, ma ci aveva già vissuto quando era piccolo: «Stavo con i miei nonni a Forcella, sono loro che mi hanno fatto scoprire Napoli. Facevo la spola tra loro e i miei genitori a Rossano, ma ho sempre avuto il sogno di venire a vivere qui. Napoli era come una calamita: era come se mi trascinasse». Racconta che da piccolo scappava da casa, a Rossano, per venire a vedere il Napoli, «ma non quello vincente! Era il Napoli che ci salvava in serie B con Bonomi, Prunier e Calderon. Rientravo da solo la notte in degli squallidi Intercity dopo la partita. Provai anche a fondare un Napoli Club, ma capii presto che la passione è molto diversa dall’essere solo simpatizzante…».

Ci spiega che per lui il Napoli è vita, un turbinio di emozioni quando si vince, quando si perde, persino quando si pareggia; che per lui il Napoli rappresenta la voglia di riscatto e di rinascita di una città che se non la si vive non la si potrà mai capire fino in fondo. «Io non tifo Napoli, io amo, è diverso. Vivo per quella maglia, soffro, piango e gioisco per quel colore azzurro. Devo ringraziare mio nonno e i miei zii napoletani che mi portavano da piccolo al San Paolo. Ho iniziato con Diego e non ho più smesso». Ci racconta che la sua prima partita allo stadio è stata Napoli-Arezzo 4-1, nel 1984: «Ricordo ancora quando vidi quella maglia azzurra scendere in campo, ascoltai il boato dello stadio, fu un’emozione grandissima, rimasi elettrizzato». Con il passare degli anni e con la costanza della frequentazione dello stadio, Francesco decide, insieme a degli amici, di formare un gruppo organizzato nei Distinti superiori, “Quelli di sempre”: «Perché noi siamo quelli che c’eravamo nei periodi bui, ci siamo adesso e ci saremo in futuro. Forza Napoli al di là del risultato. Ci affianchiamo al gruppo dell’Acan e Blue Tiger. Ci si può riconoscere dalla nostra bandiera messa sullo striscione dei Blue Tiger, la bandiera del nostro Pibe de Oro».

Francesco non rinnega le sue origini, anzi, racconta di Rossano Calabro come di un paradiso terrestre, un posto dove ci si conosce tutti, si vive tranquilli, dove si può ammirare il Codex Purpureus, visitare la Cattedrale, la chiesa di San Marco, la fabbrica della liquirizia Amarelli. Eppure è Napoli che ha soprattutto nel cuore, è Napoli la città che considera casa. «Napoli è una città bellissima e affascinante, piena di segreti, ma non è facile viverci, ci sono milioni di contraddizioni e di problemi. Per vivere qui ci vogliono “le palle quadrate sotto” – dice – Napoli non è solo la città del mandolino, del sole e della pizza, ma anche la città dove trovare un parcheggio diventa un problema, dove se la mattina cammini per il centro storico trovi il ragazzo che cerca di venderti un paio di calzini e se non ce la fa ti dice “dotto’ offritemi un caffè”… Napoli è la città dove ad ogni ora del giorno e della notte c’è sempre traffico, la città da tutti amata ma da pochi rispettata. Ma è anche la città dove la gente è sempre sorridente. Va vissuta a 360 gradi. Qui riesco ad essere felice anche alle 7 del mattino di lunedì, perché ne sono innamorato, perché è qui che voglio stare, è qui che voglio vivere».

Francesco è stato l’artefice dell’innamoramento di Marcelo Promenzio, il brasiliano di cui vi abbiamo raccontato la storia qualche settimana fa: nato a San Paolo, in Brasile, dopo aver conosciuto Francesco, Marcelo si innamora del Napoli e della nostra città, tanto che, pur essendo palmeirense al 100%, in Italia il suo cuore è completamente azzurro. «Lo conobbi a Rossano – racconta Francesco – Uscimmo qualche sera insieme e gli raccontai cosa voleva dire il Napoli per me, gli feci sognare per una sera cosa voleva dire entrare al San Paolo e ascoltare il boato dello stadio. Gli feci capire cosa vuol dire essere napoletano verace. Ci lasciammo con la promessa che mi sarebbe venuto a trovare presto. Dopo qualche mese mi chiamò e mi disse che voleva venire a vedere Napoli, mi chiese se lo potessi portare allo stadio. Così mi organizzai. Quando lo andai prendere alla stazione gli dissi: “Benvenuto nella città più bella del mondo, ora aprile il tuo cuore e ne rimarrai rapito”. Ricordo ancora gli occhi di Marcelo mentre gli facevo da guida: lo portai negli angoli più nascosti, a Forcella, ai Quartieri, al Pallonetto. Gli mostrai le cose più strane che si possono incontrare in questa città. Rimase incantato. Quegli sguardi e la sua felicità per me furono un motivo d’orgoglio».

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