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Ci vorrebbe un David Foster Wallace per descrivere tv e giornali che parlano del Napoli

Ci vorrebbe un David Foster Wallace per descrivere tv e giornali che parlano del Napoli

Mi sono sempre considerato un resinaro postmoderno, cioè un ragazzo-quasi adulto con una grande passione per la letteratura anglosassone oltre che per la filosofia, cresciuto nell’hinterland napoletano, precisamente ad Ercolano, vicino al mercato che ora si chiama “vintage” ma che prima era semplicemente il mercato “de pann’ american”. Questa particolare dimensione esistenziale, se così la si può definire, mi è risultata molto utile per sopravvivere alla sconfitta di Torino e a quella di Villarreal. Per elaborare il lutto di quella che non è stata affatto una settimana eccezionale (ma neppure tragica), mi sono immerso nella lettura dei giornali sportivi (compresi quelli online, ovviamente), nella visione delle trasmissioni televisive nazionali e locali che hanno come argomento il controverso mondo del pallone, nell’ascolto dei più disparati programmi radiofonici calcistici. Devo ammettere che è stato un trip terrificante. Ne ho sentite, viste e lette di cotte e di crude.

È stata l’unica volta in vita mia che ho pensato di avere più di una semplice affinità intellettuale con lo scrittore americano David Foster Wallace – perdonami David, ovunque tu sia – che, per portare a termine un reportage commissionatogli dalla prestigiosa rivista Harper’s sulle crociere di lusso, fece un viaggio su una città galleggiante alle prese con le persone e gli eventi più assurdi della sua esistenza, scrivendo poi un saggio-articolo dal titolo: Una cosa divertente che non farò mai più. Consumismo sfrenato, esseri umani che si fa fatica a riconoscere come discendenti delle scimmie antropomorfe, uno scenario naturale e paesaggistico sfavillante, ai limiti del barocco, psicopatologie di ogni tipo e intensità: questo e tanto altro lo scrittore americano incontra e racconta con grande maestria.

Ma, con tutto il rispetto, per descrivere il delirium tremens che a tutt’oggi sembra pervadere ogni commento sul Napoli, ci vorrebbe un genio forse più geniale di David Foster Wallace. Pur rimanendo seduto sul divano, quindi senza viaggi fisicamente realizzati, ho fatto esperienze molto formative, ma non sempre del tutto piacevoli. E, per non dimenticare quello che ho vissuto, ho annotato le peculiarità di alcuni tipi umani in cui mi sono imbattuto. Ma vi giuro: è una cosa che non farò mai più. C’è chi urla al complotto, chiamando in causa Calciopoli e Lucky Luciano – fingendosi talvolta anche profondo conoscitore del diritto penale – perché a fare gol a Torino è stato Zaza che era stato espulso per un fallo assassino durante la partita col Genoa, ricevendo, però, solo una giornata di squalifica. C’è chi si lancia in improbabili analisi introspettive, rispolverando Freud e Jung per sondare lo stato d’animo dei giocatori. C’è chi, dall’alto delle sue zero panchine in serie A, vorrebbe dare dei consigli tecnico-tattici a Sarri, perché il Napoli è in crisi di risultati (sic!) e per giunta sarebbe evidente il calo atletico della squadra, specialmente di alcuni giocatori. C’è chi, imitando i predicatori americani che ogni giorno via cavo annunciano l’avvicinarsi di un’Apocalisse purificatrice, invocano l’arrivo di un nuovo presidente che sia capace di spendere e spandere come uno sceicco e di compiere miracoli assurdi, come, ad esempio, scendere in campo negli ultimi dieci minuti di partita della squadra di cui è proprietario ed evitare sconfitte in zona quasi-Cesarini. Come con la Juve e il Villarreal.

Perché, lo si voglia o no, è questo il punto, l’oggetto del contendere: le ultime due partite. Che, in realtà, non modificano per niente le ambizioni del Napoli. Del resto, sarebbe quanto meno controproducente criticare oltremodo la squadra in un momento eufemisticamente delicato, visto che nell’arco di una settimana si giocheranno tre partite fondamentali. Fare previsioni non è il mio mestiere, è un’attività che non mi attira, e poi già ci sono troppi sensitivi-maghi sparsi per il Belpaese. Mai come in questo momento, credo che occorra equilibrio. E, per questa ragione, come già è stato detto da qualche mosca bianca, smettiamola di pensare nei termini dell’ “ora o mai più”. Il Napoli è una realtà, ormai da anni, ai vertici del campionato italiano, e lavorando come abbiamo fatto sin ora, senza svenarsi sul mercato, con un occhio ai bilanci e all’internazionalizzazione del brand Napoli, anche i grandi traguardi potranno essere tagliati.

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