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È un Napoli che sa essere anche camaleonte

È un Napoli che sa essere anche camaleonte

Premessa, anzi spoiler: il Napoli visto all’Olimpico, statistiche alla mano, ha offerto una delle prove peggiori di questo suo campionato. Nel senso che, rispetto alle altre partite, i dati raccontano di una supremazia non totale, di una fase offensiva non brillantissima e di una difesa mai come questa volta poco attenta a concedere occasioni. Nel report ufficiale della Lega, addirittura la Lazio ha costruito più palle-gol del Napoli, 4 contro 3.

Poi però c’è il resto, quello che con le statistiche non è possibile misurare: atteggiamento, sicurezza, approccio alla partita. E allora può tornare il sereno, signori: il Napoli resta il Napoli, con la sua identità, le sue geometrie e pure una (nuova) sicurezza nella gestione della partita, delle situazioni tattiche, dei momenti all’interno dei novanta minuti. Per quanto Sarri, nel postpartita, ammetta di «non essersi divertito nel secondo tempo», la nuova veste del Napoli è quella di una grande squadra nel turno infrasettimanale in casa della Lazio: turnover (obbligato o meno), amministrazione mentale e territoriale della partita e dosaggio delle energie. Più l’identità solita, classica, costruita col gioco sulla classe dei grandi interpreti. Lo ha detto Insigne a Sky: «Giochiamo lo stesso grande calcio in casa e in trasferta». E contro qualsiasi avversario, aggiungiamo noi. Ecco perché:

Nel campetto posizionale di sinistra, vediamo il modulo ambiguo della Lazio (a destra il 2-3-4-1 del Napoli) che, pur scegliendo di schierare un centravanti “vecchio stampo” come Klose (in realtà era il solo disponibile, Djordjevic è reduce da un infortunio e non era al meglio), utilizza una sorta di doppia linea molto alta in campo, un 6-4 che ricorda Oronzo Canà e che si prefiggeva di bloccare la salita armonica del Napoli in ampiezza e in verticale. Il dato sul baricentro, in questo senso, è eloquente: alto (al solito) quello del Napoli, 50,13 m, ma ancora più alto quello della squadra di Pioli, schierata a 52,52 m. Una scelta anche giusta quando il Napoli opera il suo possesso palla “classico”, tra Jorginho, Hamsik e gli appoggi sulla fascia sinistra (ne parleremo dopo); ma una vera e propria suicide choice se poi l’ex Verona o Insigne azionano il lancio a scavalcare le linee e premiano gli inserimenti alle spalle di Callejon (soprattutto) e Higuain. Lo 0-2 del Napoli nel primo tempo non è meritato perché frutto di un forcing ma perché nasce della capacità di saper variare quando gli avversari mostrano anche una singola novità rispetto a quanto potesse prevedersi prima del fischio d’inizio. Identità e cambiamento: leggere il dato dei passaggi corti (572 contro i 360 della Lazio), quello sulle palle lunghe (90 per la Lazio, comunque 77 per il Napoli) e quello sulle palle filtranti, Trough Balls in inglese (1-5 per il Napoli). Da due Trough Balls i gol del successo finale. E non è un caso.

Così come non è un caso che, proprio nella partita in cui non erano in campo i due terzini titolari, il Napoli modificasse il suo atteggiamento sugli esterni. Non tanto la scelta di utilizzare comunque la catena di sinistra come zona di spinta (sotto, in alto, il campetto di bilanciamento offensivo del Napoli), quanto di utilizzare poco l’arma del cross e di preferire anche di concedere qualcosa sugli esterni ma di mantenere alta la densità centrale. Strinic e Maggio hanno giocato una partita diligente, ma si sono trovati ad affrontare una continua spinta sugli esterni, con Felipe Anderson, Candreva e poi Keita (a sinistra del campetto di bilanciamento del Napoli, quello della Lazio). Molti cross dalle fasce (sotto, in basso, nel campetto verde, il raffronto posizionale tra le due squadre), 12 per i biancocelesti (solo 5 per il Napoli), ma tutti respinti dalla difesa. 

Come dire: le diverse caratteristiche di Strinic e Maggio e pure la disposizione in campo scelta da Pioli ha fatto in modo che il Napoli modificasse un po’ se stesso, senza violentarsi ma variando comunque le trame, a metà tra il classico gioco à la Jorginho e quello utilizzato per favorire le differenti peculiarità di Mirko Valdifiori, che sarà in campo contro il Carpi al posto dello squalificato italo-brasiliano. Il “senza violentarsi” è legato alla scelta, mantenuta anche ieri sera, di utilizzare la fascia sinistra come luogo chiave per lo sviluppo della manovra. I dati sulle combinazioni Insigne-Strinic (25 passaggi nei due sensi), Hamsik-Strinic (24 tocchi in totale) e pure quelle legate a Jorginho (110 passaggi totali con l’88% di accuratezza, di cui 17 verso Hamsik e 13 verso Strinic) dicono che anche il croato ex Dnipro assicura il giusto appoggio sulla fascia mancina. Più una prestazione difensiva “totale” su tuto l’out: nel campetto qui sotto, che descrive la sua prestazione, vediamo tutti gli eventi in fase di non possesso, per un totale di 5 palloni recuperati (clearance sta per intervento difensivo e interception per palla intercettata. I triangoli neri sono i falli commessi).

Chiudiamo con gli ultimi dati, a cominciare da quelli (incredibili) di José Callejon: novanta minuti giocati per un gol, un asssit, due interventi decisivi in difesa, una palla recuperata e un closs bloccato. E poi una cifra curiosa, quella di Nathaniel Chalobah: 6 minuti giocati, ma una media di velocità di 9 km/h. Praticamente, il percorso tra Napoli e Portici, tutto di corsa, in una sola ora. Niente male davvero.

Fonti per i dati: whoscored.com, squawka.com. fourfourtwo.com, legaseriea.it.

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