Diciamoci la verità: ci siamo rimasti davvero male, per usare un eufemismo e per evitare di ricordare che nei paesi vesuviani si è avuta un’impennata nelle vendite di cardioaspirina. Pensavamo che il Napoli potesse fare il colpo gobbo in casa dei gobbi. O quanto meno uscire imbattuto dallo Juventus Stadium. Ma così non è stato. La squadra di Sarri ha tenuto bene il campo per tutta la partita, senza però pungere più di tanto e pagando cara e amara l’unica vera disattenzione giunta dopo più di ottanta minuti di sapiente amministrazione del gioco: una palla persa malamente da Mertens che ha dato il la ad un quasi gollonzo firmato Zaza. Niente di più, niente di meno.
È stato un match tirato, con squadre corte e ben messe in campo, pronte a pressare su ogni pallone e poco disposte a concedersi favori. Tant’è vero che sia Buffon che Allegri hanno ammesso, in maniera diretta e indiretta, che nella vita e nel calcio il supporto della dea bendata è più decisivo di qualsivoglia strategia, di tutte le tattiche preparate durante gli allenamenti. Ma c’è anche un altro aspetto che va considerato, se non si vuole ridurre tutto ad una questione di dimensioni del lato b juventino, arcinoto per le sue immense qualità.
I bianconeri, infatti, sono riusciti a capitalizzare al meglio l’unica occasione che il Napoli ha concesso, comportandosi da veri e propri killer professionisti. Mi hanno fatto venire in mente un B-movie degli anni ’70 del regista italiano Mario Bava: Cani arrabbiati. La storia, cui si è ispirato anche Tarantino per Le iene, parla di un gruppo di criminali che dopo una rapina in banca devono far fronte ad una serie di imprevisti. Braccati dalla polizia, cercano di sfruttare l’unica arma in loro possesso: gli ostaggi. Una donna e un uomo con quello che sembra essere suo figlio. La donna, di nome Maria, è agitata, teme per la propria incolumità fisica e deve di continuo difendersi dalle pesanti avances dei malviventi. L’uomo, invece, Riccardo, ostenta una sicurezza e una tranquillità stoiche. Tiene fra le braccia il bambino, che dorme, e fa tutto quello che gli dicono senza battere ciglio e con grande professionalità. Nella scena finale, quando ormai sembra che i criminali vogliano disfarsi degli ostaggi, Riccardo tira fuori la pistola e riesce ad avere la meglio sui banditi. Poco dopo, si avvicina ad un telefono pubblico e compone un numero: quando dall’altra parte rispondono, dice che se vogliono vedere vivo il bambino devono pagare il riscatto al più presto. Riccardo, insomma, è anche lui un delinquente, che tra le braccia ha un bambino rapito, sotto effetto di potenti tranquillanti. Non perde mai la testa, ma al contrario dà prova di una lucidità e di una freddezza chirurgiche.
Un po’ come la Juve di Allegri, azzoppata dagli infortuni, priva di idee brillanti e di particolare coraggio, ma comunque sempre sul pezzo, attenta a non concedere nulla all’avversario. Fino all’inaspettato colpo di scena: palla recuperata, contropiede, gol rocambolesco e tre punti in cassaforte. Questo non significa ovviamente che il Napoli non sia una grande squadra, che non è abituata a stare in vetta, che soffra di vertigini o di ansia da prestazione in determinate occasioni come da più parti si pontifica. Al massimo significa che, se vogliamo essere davvero da scudetto, dobbiamo essere solo più furbi e spietati, senza guardare in faccia niente e nessuno, senza timori reverenziali, giocando talvolta più di testa che di pancia: solo così si può mettere il bastone fra le ruote ad una squadra che ha vinto 15 partite consecutive ma che certamente è tutt’altro che imbattibile. Una squadra che nel prossimo mese e mezzo dovrà affrontare prove parecchio dure, come gli ottavi di finale di Champions League col Bayern Monaco, doppio scontro che distoglierà senza dubbio la loro attenzione dal campionato in un momento cruciale.