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Il segreto della Juventus: ne vince 14 di fila e dicono “non gioca bene”. Il cuore è Marchisio, diventato regista

Il segreto della Juventus: ne vince 14 di fila e dicono “non gioca bene”. Il cuore è Marchisio, diventato regista

Potremmo assimilare la Juventus a uno strano caso genetico. Perché i bianconeri hanno vinto quattordici partite consecutive ma, nella convinzione comune, non sono una squadra che “gioca bene”. Questo, ovviamente, è dovuto in larga parte all’altrettanto incredibile campionato disegnato dal Napoli che oltre a ottenere grandissimi risultati (otto successi di fila, per gli azzurri) gioca pure un calcio che ruba gli occhi. Questo, altrettanto ovviamente, non è assolutamente vero. La Juventus, a modo suo, è una squadra che “gioca bene” senza se e senza ma. “a modo suo” è semplicemente una differenza che ognuno, soggettivamente, può considerare come vuole. Ed è una differenza di fondo che c’è col Napoli, così come tutte le altre squadre del campionato, e che nasce dalle caratteristiche dei giocatori. E dalla loro qualità, noblesse oblige

Allegri è un allenatore normalizzatore, e dal punto di vista tecnico e dal punto di vista mentale. Ha ereditato da Conte una squadra che aveva prosciugato le sue energie per l’inarrivabile record dei 100 punti, raggiunto a costo di sacrificare qualcosa (anzi, molto) in Europa, e le ha somministrato nuovi stimoli tattici aggiungendoci il rifiuto della “rabbia” esasperata perseguita dal suo predecessore. Ecco allora il 4-3-1-2 dell’anno scorso, ecco allora una Juventus finalmente sicura dei propri mezzi e del proprio gioco anche al cospetto di quegli squadroni che, avendo valori tecnici simili o anche superiori, non possono essere abbattuti con la forza di una rosa che non ha pari in Italia. La situazione si è ribaltata quest’anno, a seguito di una (giustissima, sacrosanta) rivoluzione al mercato: la squadra aveva bisogno non di nuovi stimoli ma di vecchie certezze tattiche. Torna quindi in auge il 3-5-2, modulo perfetto per solidità difensiva (acquisita nel corso del campionato, comunque) e capacità di “schiacciare” gli avversari con le qualità dei calciatori sparsi tra centrocampo e attacco. 

L’allenatore juventino ha annacquato un po’ la sua vecchia passione integralista per la difesa a quattro, piegandosi alle esigenze di una rosa perfetta per questo tipo di schieramento. Roba che però, ovviamente, vive anche di variazioni sul tema. Cuadrado, Alex Sandro e il loro ruolo di esterni (finti) bassi ne sono la prova provata. I due sudamericani sono stati schierati contemporaneamente in una gara “da pullman” come quella di Frosinone, in cui la squadra avversaria era in qualche modo destinata a una partita di difesa a oltranza e continua della propria metà campo. La loro copertura della fascia è stata sì totale, ma ovviamente orientata più alla fase offensiva che a quella difensiva (le heatmap sotto, in alto quella di Cuadrado e in basso quella di Alex Sandro, sono chiare in questo senso). In partite dall’andamento (e dall’esito) meno scontato, Allegri propone solitamente due coppie a rotazione (Lichtsteiner-Alex Sandro e Cuadrado-Evra), che compensano in qualche modo le caratteristiche degli esterni (uno più difensivo e uno più offensivo) e, fatalmente, finiscono per sbilanciare il fronte d’attacco.

La scelta ibrida e varia di Allegri sui calciatori di fascia permette alla Juventus di gestire il gioco e la partita in base alle sue esigenze, intercambiando modulo con grande velocità. Barzagli e soprattutto Chiellini sono perfettamente adattabili al ruolo di esterno difensivo, e permettono lo scivolamento immediato del 3-5-2 nominale in una difesa a quattro che garantisce un gioco meno ingolfato e più rapido nelle transizioni, con un possesso più veloce tra i due soli centrali difensivi e la possibilità di scaricare sul regista (Marchisio), sul terzino d’appoggio, su Pogba o Dybala che si abbassano a creare superiorità in zona centrale oppure sull’esterno offensivo. Un ventaglio di soluzioni che garantisce sempre una costruzione dal basso e può contare, comunque e alla bisogna, anche sul lancio lungo per l’ariete Mandzukic che però sarà assente contro il Napoli. Si potrebbe parlare di 4-4-2 asimmetrico ma i numeri perdono di senso quando il sistema di gioco, e i principi su cui questo si regge, hanno caratteristiche così fluide.

Da Juventibus.com, un momento di Chievo-Juventus in cui i bianconeri sono disposti con due linee di quattro giocatori.

Il resto lo fanno le possibili (obbligate, visti i forfait di Khedira e Mandzukic) variazioni sul tema a centrocampo e in avanti. Sulla mediana, con l’ex Real assente, la Juventus schiererà verosimilmente Sturaro, Pogba e Marchisio. Se di Pogba abbiamo già parlato qui, in un confronto a distanza con Hamsik, l’ex del Genoa e il Principino bianconero rappresentano un po’ il supporto, la necessaria impalcatura al gioco bianconero. Sturaro è un calciatore di fiato e polmoni, ovviamente con meno qualità di tocco ed inserimento rispetto a Khedira. 810 minuti giocati in campionato, una pass accuracy non eccezionale (75% di passaggi riusciti, quindi un appoggio su quattro è una palla persa) e la necessità di offrire la necessaria copertura al centro, territorio da cui il Napoli, con Jorginho e Hamsik, fa partire gran parte delle sue azioni pericolose. Decisivo, in questo senso, il doppio contributo di Claudio Marchisio: il numero otto bianconero è l’assoluto uomo-chiave del gioco bianconero, pur in un ruolo non propriamente suo. Basta leggere le statistiche personali e di squadra, per capire: 16 partite in campionato per Marchisio, 2 pareggi e 14 vittorie per la Juventus. Poi, una pass accuracy dell’89%, 16 occasioni create (15 passaggi chiave e un assist “puro”) e pure una media di 4 interventi difensivi decisivi per 90 minuti. La rinuncia del club a Pirlo ha creato un nuovo Marchisio che ha vissuto e sta vivendo lo stesso percorso toccato a De Rossi nella Roma: l’evoluzione da centrocampista totale, con annessi inserimenti negli spazi e in zona gol, a regista classico rivisitato, ovvero coperture preventive e posizione fissa in campo. Sotto, la heatmap di Marchisio in Udinese-Juve (in alto) e Juve-Roma (in basso). Una gara in casa e una in trasferta: la posizione media è più avanzata nel match contro i giallorossi, giocato dai bianconeri con un baricentro più alto, mentre al Friuli è leggermente più bassa. In ogni caso, Marchisio agisce (ormai) molto raramente lontano dal centro del campo.

In avanti, spazio alla coppia Morata-Dybala. L’assenza di Mandzukic ha in qualche modo cambiato le prospettive di Allegri che con il tandem composto dal croato e dall’argentino aveva in qualche modo permesso a entrambi di esprimersi al meglio delle loro qualità: Mandzukic cuneo offensivo, vertice alto che fa a sportellate e gioca di sponda, e Dybala libero di svariare su tutto il fronte. Con Morata, il ruolo del centravanti, o del nominale centravanti, cambia un po’: lo spagnolo non ha la fisicità carrozzata di Mandzukic e preferisce giocare la palla all’interno dell’area avversaria. Dybala continua e può continuare a giocare il pallone anche lontano dalla porta ma perde il riferimento fisso all’altezza dei sedici metri perché Morata è attaccante di inserimento che ama sfruttare la palla in profondità oppure il cross basso dalle fasce laterali (sono arrivati così i due gol di Verona col Chievo). In relazione alla difesa del Napoli, il cambiamento potrebbe portare dei giovamenti ad Allegri: la terza linea azzurra soffre l’assenza di un punto di riferimento fisso in attacco (una delle gare meno brillanti della difesa del Napoli, quella con la Sampdoria, nasce proprio dalla posizione da falso nueve di Cassano), anche se Morata tende ad agire da punta rapace. Siamo, come dire, a metà tra un centravanti à la Mandzukic, fulcro del gioco puro, e una seconda punta o trequartista riciclata come appoggio fisso (e fittizio) al centro dell’attacco. Una difficoltà in più per Albiol e Koulibaly, che dovranno essere bravi a leggere le possibilità doppie: il cross dall’esterno o la palla in verticale per sfruttare l’attacco degli spazi di Morata o il gioco posizionale di Dybala tra le linee, per l’assist decisivo (già 56 occasioni create per l’argentino ex Palermo, 8 assist e 48 key passes) o per il tiro da lontano.

Dati e heatmap da www.squawka.com

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