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De Laurentiis e la pesca d’attesa del senatore De Martino

De Laurentiis e la pesca d’attesa del senatore De Martino

Non se l’abbia a male il carissimo Guido Trombetti se per una volta non ce la faccio a dirmi d’accordo con le previsioni improntate a un minimalistico anno di pausa. Per me vale ancora – oggi, anzi, più di ieri – il rafaelitico motto “sin prisa pero sin pausa”. Mi spiego meglio: non mi va di considerare il prossimo un anno di pausa, una sorta di autoconfinamento in una zona grigia vietata alle ambizioni. Una scelta di questo tipo non sarebbe tollerata perché il ranking Uefa non è solo la somma dei punti conquistati sul campo ma anche della qualità del gioco che gli azzurri praticano ormai da cinque anni.

A scanso di equivoci, chiarisco subito che non mi sfiora il pensiero che il “magnifico” possa avere di questi pensieri opachi, ma, conoscendo l’instabilità emotiva dei tifosi azzurri, mi preoccupo di chi legge il messaggio e potrebbe restarne condizionato. Anche perché non mi pare che De Laurentiis abbia ordinato ai marinai del suo equipaggio di tenere basse le vele e di navigare sotto costa senza rischiare il mare aperto del confronto. Sarò il primo a prendere atto del contrario se sarà il caso ma, per ora, il presidente lo vedo appostato dietro la siepe, defilato quanto basta per non lasciarsi buggerare da chi vorrebbe vendere a peso d’oro e acquistare quasi gratis.

Mi spiego meglio con un esempio, ricordando che stare acquattati era la posizione prediletta da Francesco De Martino, romanista illustre, politico di razza, ma anche sublime giocatore di tressette – ho subito sonorissime lezioni nella casa di Bacoli e nella residenza di città in via Aniello Falcone – e abilissimo cacciatore lacustre. Il professore praticava la pesca di attesa che richiede pazienza e abilità, ma è anche fisicamente impegnativa in quanto bisogna starsene rintanati in una botte che galleggia sull’acqua in attesa che la quaglia si faccia vedere per farsi impallinare. La “botte” che ospita il nostro presidente, invece, è molto più lussuosa – un aereo privato, una stanza d’albergo a cinque stelle oppure, di questi tempi, il confortevolissimo salotto di una delle sue barche – ma non per questo intorpidente. Reina e Valdifiori già riempino un quarto del carniere, ma altre prede sono nel mirino e, probabilmente, quando queste note saranno pubblicate qualche colpo sarà già stato messo a segno.

È vero, piuttosto, l’altra considerazione avanzata dal Napolista: stiamo riscoprendo l’importanza delle cessioni rispetto agli acquisti. Prima era quasi inesistente, oggi siamo fifty-fifty e mi sembra un saggio modello di gestione, soprattutto in tempi di magra. Tutto ciò premesso e considerato, come dicono gli avvocati di Vincenzo De Luca che hanno conquistato la sospensione delle sospensione, proviamo a trarre una conclusione partendo dalla considerazione che la Juventus è ancor di più di un altro pianeta calcistico. Guardando dal secondo posto in giù, invece, a me il Napoli sembra ottimamente posizionato. Anche rispetto alla Roma e, soprattutto, rispetto a Inter e Milan che stanno facendo tantissimo rumore, ma avranno il problema di far diventare squadre competitive il puzzle che si ritrovano. A frenare l’entusiasmo, certo, c’è l’incognita Sarri catapultato in una realtà che finora ha soltanto sognato (e temuto), ma se Higuain resta e se con gli acquisti davvero si riuscirà a tappare i buchi, anzi le voragini, il Napoli resterà nei piani alti con vista sulla Champions. E farà ancora divertire perché il credo tattico del “Sarri mandato da Sacchi” a me piace e sono pronto a scommettere che funzionerà anche passando dall’appartamentino due stanze cucina e servizi all’attico di via Petrarca. Dove il rombo non è conosciuto, ma il buon calcio ha messo tende.
Carlo Franco

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