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Non doveva finire così: per Pino, per la gente di Napoli

Non doveva finire così: per Pino, per la gente di Napoli

La domenica dell’orgoglio nazionale inizia presto per il tifoso: caffé da Cimmino con sciarpa d’ordinanza, guantiera di frolle dal pusher di fiducia a piazza Vittoria e superbolletta di buonaugurio da betenvuìn a san Pasquale, che quello Totonno è un amico, ti fa giocare pure gli over quando non sono quotati. Tre a zero, risultato esatto, primo marcatore Pipita: quando Pogba la mette dentro con una buona dose di fortuna a mettersi male non è soltanto la serata del Napoli, ma anche le legittime aspettative di chi, nonostante tutto, aveva voluto dare ancora una volta fiducia all’allegra brigata azzurra – di regola grande con le grandi, piccola con le piccole e media con le medie – con l’auspicio (perché no?) di far fruttare, una volta tantum, la sua incorruttibile fede.

Speranza vana, purtroppo, soprattutto se hai un allenatore ancora troppo ancorato al suo palinsesto da anchorman di seconda fascia, se il mercato di riparazione a cui l’uomo in brillantina e doppiopetto è stato rinviato rischia di concludersi mestamente tra annunci annunciati, proclami proclamati e sogni sognati (ci mancano ancora un esterno basso di difesa, un interditore che sappia interdire e un attaccante che veda la porta non solo in allenamento) e se il nostro Travis Bickle della mediana continua ad alternare una prestazione decente a lunghi intervalli da modesto smanettone modello operation wolf, raffiche e raffiche a vuoto sperando di far fuori il gobbo di turno. Poco, davvero troppo poco per pensare di avere ragione di una banda bassotti solida e ben quadrata alla radice, grazie ad un Pirlo troppo libero di giochicchiare con il beneplacito di mister Gargano e ad un Pogba matto come un gatto sornione ma sempre decisivo nei momenti che contano, e per il quale aumentano ovviamente i rimpianti di non averlo preso quando era ancora nei pulcini della nazionale giamaicana, offrendo la metà di Saber più eventuale conguaglio in gettoni d’oro.

Per carità, il calcio è un’opinione, è bello perché è vario e la palla è pur sempre rotonda Diaz, però il talento sta nelle scelte, come diceva Roberto De Niro da Casapesenna, e nella giornata che inconora Totti re de Roma, che vede persino Koulibaly (con la k) offrire una prestazione più che dignitosa e Britos, sempre amato dal tifoso, attento negli spazi ed eroe goleador per caso, il nostro affezionatissimo entrenador avrebbe dovuto provare, se non a convincere, almeno a vincere. Per Pino, per la gente, per la classifica, per il morale, per i tre punti, per gli obbiettivi di fine stagione, per Napule, per mettere fiato sul collo agli avversari, per la stazione di Toledo, per il commissario Licciardi, per Insigne, per noi, per voi, per loro, per me che mercoledì devo salire a Torino per lavoro e volevo portare tre babbà ai colleghi, per Diego, per Annarella, per Charlie, per Alfonso del cavone, per chi la ama, per chi la odia, per chi merita di più, per la famiglia del Sinco, per chi attraverserebbe a piedi anche il mare, per vendicare i torti subiti, per rabbia, per orgoglio, per dignità, per amore, ancora una volta per amore, sempre e soltanto per amore. E invece, a quanto pare, anche quest’anno non si può sognare: c’è uno stadio per pochi eletti a cui pensare, coppe e scudetti possono aspettare.
Otto Tifoso

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