Il presepe può attendere (qualche ora), il Napoli appartiene al popolo

Al trentaquattresimo tiro dal dischetto io e miei colleghi del circolo 10 maggio 1987 abbiamo deciso di affidarci alla dea bendata. Mi sono messo dietro Antonella Russo dei Camaldoli – la ragazza con cui mezzo Vomero, ai miei tempi, avrebbe voluto giocarsi i supplementari al parco della Rimembranza nelle calde estati dei ritiri a Rivisondoli […]

Al trentaquattresimo tiro dal dischetto io e miei colleghi del circolo 10 maggio 1987 abbiamo deciso di affidarci alla dea bendata. Mi sono messo dietro Antonella Russo dei Camaldoli – la ragazza con cui mezzo Vomero, ai miei tempi, avrebbe voluto giocarsi i supplementari al parco della Rimembranza nelle calde estati dei ritiri a Rivisondoli – e le ho coperto gli occhi con le mani, invitandola ad una scommessa: se avesse indovinato il numero di maglia del primo rubentino a sbagliare l’avrei portata con me sul palco di piazza Plebiscito per il concerto di capodanno, chiedendo al mio amico Gigi di dedicarle “Non dirgli mai”. Non so nemmeno se abbia accettato con entusiasmo ma, alla fine, ha portato bene. Antonella ha detto trentatré, e prima che Gennaro le rinfacciasse l’anello d’argento comprato invano a borgo Orefici per il Natale dei suoi diciottanni, il palmo fatato del nostro uomo ragno ci ha fatto urlare all’unisono per il tanto sospirato riscatto, concedendo al tifoso anche la irripetibile occasione di un bacio di rapina degno del migliore Higuain.

Nonostante il giorno dopo avesse da ultimare i preparativi per la nascita del nostro amato bambinello, il tifoso non ha potuto rinunciare al rito collettivo del carosello per le strade della città, andando ad abbracciare con gaudio e spensieratezza i giovani scugnizzi dei quartieri, valenti alfieri del vessillo azzurro sbandierato con orgoglio in tre sul cinquantino assicurato l’ultima volta sotto la gestione Bigon il Vecchio. E così per una sera passano in secondo piano l’assenza di Zapata e le scelte discutibili dell’allen-attore vanziniano da natale a Dubai, l’assurda decisione di giocare una gara così importante nel deserto dei Gobbi – noto feudo juventino – e in un campetto degno di una nostra terza categoria, e persino l’ostinazione di non volersi accontentare di un pareggio, che, alla fine, non avrebbe scontentato nessuno, in attesa del ritorno al San Paolo. Va bene così, per carità, il tifoso del resto era fiducioso sul risultato da quando l’amato primo cittadino – bandiera rossa in pugno – aveva rispolverato l’antica fissazione dei tempi del campionato a 16 squadre: il Napoli appartiene al popolo, checché ne pensino Alì Baba e i suoi 40 amici sceicchi ladroni.
Otto Tifoso

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