Napoli-Juventus tra il gabbiotto fuori alla Ruesch e un dottore con la tv sintonizzata su Rai4

Cronaca del pomeriggio, durante il quale incidentalmente si è tenuta la finale di Supercoppa Italiana. Ore 16:37, fine della giornata lavorativa, spero che i 7 minuti di ritardo accumulato in entrata e recuperato in uscita non pesino come la differenza reti nel girone di CL, da Nola a Napoli tutto può accadere. Arrivo a casa, […]

Koulibaly

Cronaca del pomeriggio, durante il quale incidentalmente si è tenuta la finale di Supercoppa Italiana.

Ore 16:37, fine della giornata lavorativa, spero che i 7 minuti di ritardo accumulato in entrata e recuperato in uscita non pesino come la differenza reti nel girone di CL, da Nola a Napoli tutto può accadere. Arrivo a casa, un’ora e passa di traffico dopo e trovo una decina di bambine scalmanate per il compleanno di mia figlia.

Alle 18:25 arriva qualche genitore interessato a vedere la partita, e tentiamo invano di creare una “zona adulti” intorno alla TV, ma per riuscirci ci vorrebbero i Caschi Blu. Bestemmione collettivo verso il 4′ minuto del primo tempo, chi impreca contro Lopez, chi contro Kouliblay, chi contro Albiol, chi contro quel cornuto che ha finito tutti i Fonzies. Sono priorità. Momento drammatico verso la fine del primo tempo: l’apertura dei regali che – casualmente – si svolge davanti al TV. Invece dei Caschi Blu, ora ci vorrebbe un cecchino dal palazzo di fronte.

Fine primo tempo e la casa si svuota, ed io devo uscire al 10′ del secondo tempo per accompagnare mio padre a una visita di controllo perché sì, a Napoli esistono medici che lavorano durante le partite. Entro in macchina e ripiombo a 25 anni fa: niente Sky, niente Mediaset, niente diretta TV, solo la voce della radio di un neutralissimo radiocronista di cui mi sfugge il cognome, ma che per comodità chiameremo “la munnezza”. Mi fermo ad un Bancomat e qualcosa mi dice che ha segnato il Napoli: 1-1 e palla al centro. Fortunatamente la città è quasi deserta e arrivo subito a destinazione. Se, per caso, aveste avvistato un pover’uomo davanti al gabbiotto del parcheggio di fronte alla Clinica Ruesch ero io che guardavo scampoli di partita in compagnia dei due parcheggiatori.

Una volta nell’anticamera dello studio medico (che è venti metri sottoterra e quindi i cellulari soffrivano di encefalogramma piatto) noto la presenza di un 42″ sintonizzato su Rai4. Ma che canale è? Tento invano di sintonizzarlo su Rai Uno, ma ogni pixel era grande quanto un francobollo da 2,50€. Mannaggia a Paolo Berlusconi e pure a Natalia Estrada. I francobolli si colorano di azzurro in un confuso abbraccio e credo in un 2-1, ma alla fine della visita scopro che era solo il replay del gol del Pipita.

Non faccio a tempo a rimettermi in auto che il radiocronista Rai (che sarei tentato dal definire “la munnezza” ma opto per un più urbano il simpatico), esulta al gol di Tevez manco fosse Tardelli contro la Germania nella finale dell’82. Il simpatico si ripete sulle parate di Buffon, ma piomba in un lutto stretto che sembra gli abbiano ucciso la famiglia fino al settimo grado di parentela quando il Pipita urla “libera!” e mi defibrillano. Mentre la palla rotola in rete mi rianimo, trovo il posto nelle strisce blu e sono in tempo per i rigori. Vedo in lontananza una sala scommesse, una televisione: mi fermo a guardare il replay dei gol, che faccio resto qui o vado a casa a vedere i rigori? Vabbé, corro (per dire…) a casa.

Casa che ora è tornata alla normalità: niente bambini, niente estranei, solo io e il mio autismo da rigore. Con le percentuali che abbiamo e la “ciorta” (ricordiamoci dei due pali presi durante il match, che non devono mancare MAI) che ci ritroviamo dal dischetto, non ero ottimista, non ho guardato nemmeno uno dei penalty. Sentivo cosa diceva mia moglie, io avevo mani davanti agli occhi e orecchie tappate. Confesso di aver avuto paura quando il Pipita è andato sul dischetto, ma quando Vidal ha accompagnato per 20m Pereyra mia moglie mi ha chiesto perché, io le ho detto “gli sta dicendo di tirare forte e alto, perché quando uno non ha il rigore nel piede è l’unica soluzione”. Così è stato. 

Ma alla fine ho guardato, l’ultimo sì, l’ho goduto. E ho goduto. Ho ripetuto il salto divano-mattonelle come quando Lavezzi segno al 92′ contro il Cagliari in contropiede. Ecco, ora le rotule rotte sono due. 

Ma siamo Campioni. Sin prisa pero sin pausa. Grazie ragazzi!
Marco Fava

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