La (incomprensibile) scelta del Napoli di subire la comunicazione
Il ritiro del Napoli non c’è stato. Questa pratica che fa tanto Borgorosso Football Club, che rimanda a una visione cameratesca e punitiva del calcio, che offre per una volta l’occasione al tifoso di esercitare la propria sete di vendetta nei confronti del calciatore tanto milionario quanto pigro, si è dissolto. In meno di 24 […]
Il ritiro del Napoli non c’è stato. Questa pratica che fa tanto Borgorosso Football Club, che rimanda a una visione cameratesca e punitiva del calcio, che offre per una volta l’occasione al tifoso di esercitare la propria sete di vendetta nei confronti del calciatore tanto milionario quanto pigro, si è dissolto. In meno di 24 ore. Molto probabilmente, non c’è mai stato. Ufficialmente, oggettivamente, borgesianamente, non lo sapremo mai. Insieme a tanti altri passaggi salienti della vita o presunta tale del Napoli.
Non sapremo mai se il Napoli ha trattato o meno Mascherano. Non sapremo mai se De Laurentiis ha realmente pensato di vendere il Napoli. Non sapremo mai se la moglie di Hamsik è stata effettivamente insultata o meno domenica scorsa allo stadio (nonostante la smentita, quella sì ben orchestrata, del capitano). Così come non abbiamo saputo quest’anno che le ferie settembrine di Benitez erano state programmate da tempo. E non sapremo mai di Gonalons, di Kramer. Diciamo la verità, di questo Napoli sappiamo davvero poco. E fin qui passi. Anzi, ci sarebbe persino da elogiare la società.
Quel che appare francamente inspiegabile è la scelta del Napoli di subire dal punto di vista della comunicazione tutto quel che viene associato al club. Senza costruire una verità alternativa. Mi si passi un paragone per sdrammatizzare: è un po’ come il Napolista che consente a ciascuno di arrivare e offendere, senza porre alcun filtro. Il Napoli, però, non è un sito, è una società di calcio, anche piuttosto importante. Che sembra un asino in mezzo ai suoni. Ci sarebbe da fare la spunta alle notizie più sensazionali e che hanno destato più interesse nei tifosi. Probabilmente quattro su cinque erano false.
Eccoci alla domanda: perché? Perché il Napoli, presieduto da un uomo di cinema e che quindi non può ignorare la comunicazione, invece sottovaluta tanto questo aspetto? Davvero perché è convinto che alla fine quel che conta, soprattutto nello sport, sono i risultati? Siamo ancora alla sostanza che è superiore alla forma. Roba da medio evo. Non vorremmo azzardare un paragone chiedendo cosa ne sarebbe stato di Tony Blair senza Alaistair Campbell. Magari può esserci una via di mezzo tra l’attenzione ossessiva che la politica dedica alla comunicazione e la più totale estraneità che invece sembra permeare il Calcio Napoli.
La comunicazione è quella strana materia per cui, mentre magari il presidente scende negli spogliatoi per manifestare il suo disappunto dopo una sconfitta a Milano, è già pronto qualcuno che ricorda come tra due giorni ci sarà la cena con i giocatori, che non c’è alcun ritiro, solo un pernottamento a Castel Volturno in modo da svegliarsi tutti insieme e fare il punto della situazione. Ma questo è un esempio, se ne potrebbero fare mille. Come quando quella società di nome Juventus trasformò la squalifica di una curva per razzismo in un’iniziativa per avvicinare i bambini al calcio. Non sono operazioni casuali. C’è un lavoro dietro, una – Nanni Moretti ci perdoni -professionalità. Che alla fine, sembrerà una sciocchezza, condiziona i risultati, al pari dell’ambiente.
Il Calcio Napoli ha lasciato che il papponismo diventasse una corrente di pensiero in città, riempisse editoriali in prima pagina di quotidiani napoletani, addirittura prendesse corpo in una statua a San Gregorio Armeno col presidente che chiede l’elemosina (con retromarcia del bottegaio, spalleggiato dai media, cui abbiamo deciso di non replicare per carità di patria). E poi che succede? Succede che viene pubblicato il bilancio della società, un bilancio che fa giustizia delle bugie alimentate in questi anni e tutto questo passa sotto silenzio. Dev’essere per forza una scelta precisa della società, non ci sono altre spiegazioni. È una scelta perdente. Senza il benché minimo dubbio.
Oggi tutti sanno comunicare. Persino i criminali. Se non sai comunicare, non esisti. Lo sa bene Rafa Benitez, l’unico del Napoli in grado con garbo e fermezza di mettere a posto la signora D’Amico. Com’è possibile che De Laurentiis pensa, da solo, di sfidare un intero sistema basato sulla comunicazione? Se abbandonata a se stessa, la comunicazione ti travolge. Una pietruzza si trasforma in valanga. E poi ricostruire è molto difficile, per non dire impossibile. Tutto questo, incredibilmente, a De Laurentiis sembra non interessare. Per cui, il Napoli è andato in ritiro proprio alla vigilia del viaggio a Doha in cui il presidente incontreràun potenziale acquirente, mentre i giocatori migliori seguiranno Benitez all’estero e in città verrà organizzata una convention sul papponismo.