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Il Napoli ha vinto nonostante Napoli, questa è l’amara verità

Il Napoli ha vinto nonostante Napoli, questa è l’amara verità

Torna in mente sempre Massimo Troisi. Si riscattasse Rovigo. E torna sempre la domanda: perché a una vittoria del Napoli deve essere associata una discussione su Napoli? Oggi Il Mattino pubblica un ampio pezzo su questo filone; parlano esponenti politici come Antonio Bassolino o critici non omologati come Achille Bonito Oliva, e altri. Dichiarazioni più o meno interessanti. È l’intelaiatura che lascia qualche dubbio, giusto per provare ad avere un quadro il meno fosco possibile.

Se proprio bisogna trovare un legame tra la città e la squadra, non sarebbe stato meglio porre il tema in un’altra ottica: quanto c’entra Napoli in questo successo del Napoli? Successo non eccezionale, per carità, ma un trofeo è sempre un trofeo. E quando si gioca una finale è sempre meglio vincerla che perderla. Ma torniamo alla domanda. Quanto c’entra Napoli? Poco. Molto poco, secondo noi. Probabilmente niente. Il tema per risultare interessante, per inchiodare ciascuno di noi alle proprie responsabilità, ai propri errori, alle proprie posizioni, avrebbe meritato un’altra inquadratura: la lezione del Napoli a Napoli. 

Pur senza enfatizzare – e lo riscriviamo – più di tanto la vittoria della supercoppa, quel che andrebbe evidenziato è l’atteggiamento che Napoli ha avuto in questi mesi nei confronti della sua squadra, della suo presidente e del suo allenatore. Napoli contesta il Napoli. Apertamente. Diffusamente. Ostentatamente. A tutti i livelli. Da tempo. Non a caso protagonisti della serata di Doha sono stati due giocatori ferocemente contestati a Napoli: Gargano e il portiere Rafael.

I tifosi. Hanno abbandonato il San Paolo e le precarie condizioni dell’impianto non c’entrano niente: non siamo abituati all’Emirates, uno stadio del genere, con le poltroncine in pelle, nemmeno ci piacerebbe. C’entra il papponismo. Filone culturale che oggi qualcuno arditamente – ma non troppo – potrebbe definire corrente di pensiero. I tifosi non vanno più allo stadio perché si sentono traditi da De Laurentiis che non è considerato un bravo imprenditore che ha portato il Napoli dalla serie C alla Champions League, bensì un pappone perché ha messo un’azienda che produce utili e perché non si indebita per consentire loro di andare a sparare i tracchi al Plebiscito in occasione della vittoria dello scudetto. Quest’anno il San Paolo è stato quasi sempre semivuoto. Quando è stato quasi pieno, col Bilbao e col Cagliari, è finita tra i fischi. Senza dimenticare l’aggressione – con buona pace di chi la pensa diversamente – a Berna dopo una sconfitta considerata lesiva dell’immagine della città. Papponismo che ha raggiunto il suo apice con la statua di De Laurentiis che chiede l’elemosina a San Gregorio Armeno (ora gli hanno rimesso la coppa in mano).  

I media. Nel tentativo – non sappiamo quanto illusorio – di intercettare il malcontento e magari di guadagnare qualche telespettatore o lettore in più, i media da quest’estate hanno suonato la grancassa contro questo Napoli, reo sempre di non essere all’altezza delle aspettative del tifoso e della città. I tentativi dell’allenatore Benitez di coagulare attorno alla squadra un sentimento condiviso, in modo da fronteggiare in maniera compatta le avversità sportive, sono stati puntualmente rispediti al mittente con tanto di lezioncine sull’etica professionale. Il fare squadra – cui oggi sul Mattino accenna Bassolino – è ahinoi ridicolo se riportato al rapporto tra i media e il Napoli. Proprio il quotidiano principale della città ha provato più volte a mettersi alla testa di un movimento anti-Benitez, è arrivato praticamente a chiederne l’esonero, così come in estate il presidente è stato deriso per la sua campagna acquisti. Per non parlare di tutto quel che passa nei cosiddetti salotti-tv nei dopo-partita. Tutto lecito, per carità. La situazione, però, va definita, illustrata, altrimenti non è analisi, è fantasia.

I cosiddetti intellettuali o voci autorevoli. C’è qualcuno che a Napoli, in questi mesi, ha avuto il coraggio di esporsi in difesa di Benitez e di De Laurentiis? C’è qualcuno che ha provato a spiegare come nel calcio, così come nella vita, si può anche perdere, che le sconfitte vanno analizzate non criminalizzate, che un progetto non lo si getta nella pattumiera alle prime o anche alle seconde avversità? Ci sarà stato ma facciamo fatica a ricordarlo. Oggi è più semplice parlare del Napoli. Non è solo una questione di carro dei vincitori, è magari una questione di appartenenza o ancora meglio di considerazione che si ha di sé e del proprio ruolo, anche di sostenitori oltre che di voci autorevoli. Si è sostenitori del Napoli o di un qualsivoglia amore quando ci si espone nelle difficoltà, quando si prova a ricucire, quando si è capaci di affrontare i dolori e le sofferenze. In mesi che non sono stati semplici, non abbiamo colto una voce stentorea pronta a sfidare il corso del malcontento e a provare a preservare il giocattolo. Come pealtro ha detto Bonito Oliva al Mattino. 

Insomma, lo stato dell’arte è una Napoli che dibatte e prende esempio dal Napoli all’indomani di una vittoria. Sì, il Napoli ha fatto squadra come dice Bassolino. Ma da solo. Senza Napoli. Il tema è questo: Napoli non ha avuto il coraggio di sostenere il Napoli nei momenti di difficoltà. L’unico passaggio in controtendenza si registrò alla Fonderia del Pd dove lo spallaaspalla di Benitez venne definito uno slogan perfetto per la città. Non tantissimo in sé, un gesto eclatante se rapportato all’indifferenza della città che non ha raccolto nemmeno uno dei tanti appelli lanciati dal tecnico spagnolo. Un allenatore che dieci giorni fa ha parlato di tendenza autodistruttiva di Napoli. Nessuno che abbia raccolto il grido di dolore. Perché, in fin dei conti, il calcio è considerato pallone. E a pallone devi abboffare la rezza, c’è poco da aggiungere. Se non segni, non vinci e hai voglia a fare filosofia. Oggi si prova a coinvolgere Napoli in un successo che non è per nulla figlio suo. Il Napoli è una squadra forte nonostante Napoli (Fabio Avallone ha scritto un articolo non banale sul punto). Questo è il tema. Che a noi porterà qualche insulto in più – sotto Natale non fanno male – e ad altri farà fare spallucce. Il riscatto di Napoli ci sarà quando dopo una sconfitta, lo stadio applaudirà, i media non cavalcheranno il malcontento e un bel di personaggi illustri grideranno: “abbiamo perso, e allora? Vinceremo la prossima”. Come accade in una cittadina tedesca di cui tanti napolisti non sopportano la citazione: Dortmund. La retorica sulla città che può prendere esempio dalla squadra è solo l’altra faccia di una moneta che quando le cose vanno male propone il filone identico e contrario, con tanto di processi in piazza. 
Massimiliano Gallo

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