Non c’ero, non c’eravamo. Ma pare che sia andata così. Alla Fonderia delle idee, organizzata dal Pd a Città della Scienza, hanno mandato in onda brevi filmati. Uno di questi, in un periodo non morto del sabato, è stato dedicato a Rafa Benitez. Alla conferenza stampa in cui ha citato Brian di Nazareth, in cui ha ribadito il concetto dello spalla a spalla. Ne ha scritto Ottavio Lucarelli su Repubblica e ce lo ha raccontato Boris Sollazzo che era là.
Tranquilli, non stiamo facendo alcun endorsement. Ma non possiamo non sottolineare che il lavoro, l’impegno che quest’allenatore madrileno sta profondendo per Napoli è stato finalmente notato da qualcuno in un ambito non strettamente calcistico. E in un momento storico in cui citare Benitez non porta molti consensi.
È un risultato di cui Benitez dovrebbe essere orgoglioso. Non è vero, come sosteniamo anche noi, che l’allenatore spagnolo abbia gran parte dei tifosi contro. Più semplicemente, mediaticamente “tirano” di più i contestatori, fanno più audience. O meglio, si ritiene – secondo me erroneamente – che facciano più audience. Ma Rafa ha fatto breccia in tanti cuori e in tanti cervelli. E la scelta del Pd ne è una palese conferma.
Da quando è arrivato, Rafa Benitez ha avuto un approccio non usuale con Napoli. Non ha mai cercato un rapporto esclusivamente professionale. Ha provato a sposare Napoli, a capirla, a calarsi nella nostra realtà. Ha parlato non solo di pallone. Ha valorizzato le nostre risorse culturali, ha sottolineato la scarsa attività promozionale delle istituzioni, l’incapacità di riuscire a vendere le nostre bellezze.
Calcisticamente, ha provato a comportarsi allo stesso modo. Ha provato e sta provando a uscire da una logica immediatamente legata ai risultati. Ho scritto immediatamente. Sin dal primo giorno, Benitez si sforza di parlare di progettualità, di mentalità, di strutture da realizzare per rendere il Napoli una società di livello europeo (ed è questo probabilmente il motivo principale dello scontro con De Laurentiis). Insomma, Benitez ha avuto e continua ad avere un approccio non banale con la città di Napoli. Ambisce a coinvolgerci nella sua idea di calcio.
Ha provato a far capire alla stampa e ai tifosi che solo lavorando spalla a spalla Napoli potrà raggiungere obiettivi ambiziosi. Diciamo la verità, ha miseramente predicato nel deserto. Per tutta risposta, la gran parte della stampa cittadina gli ha impartito lezioni sul calcio italiano; non si è soffermata nemmeno trenta secondi sulle parole del tecnico. Lo hanno accusato di integralismo e addirittura di voler mettere il bavaglio alla stampa. Insomma, parole al vento.
Tra le tante affermazioni fatte, ce n’è una che avrebbe dovuto metterci i brividi: “Napoli è la nostra bandiera e dovremmo portarla tutti insieme”. È finita con la querelle sulle sue ferie. Dopo tre conferenze stampa, si è stufato. E ha risposto a monosillabi. In fondo, a noi piacciono bastone e carota. Altrimenti scambiamo per “fesso” l’interlocutore.
Sì, sì, vi sento in sottofondo. “Dimentichi di dire che siamo usciti col Bilbao, abbiamo perso con Chievo e Udinese, pareggiato col Palermo e vinto all’ultimo minuto contro il Genoa”. Ah certo. Se le avessimo vinte tutte e fossimo in Champions, oggi saremmo tutti rafaeliti. Per la serie, “ti piace vincere facile”. Ora, per carità, meno male che non esiste il pensiero unico. Però, consentiteci, lasciate che il Napolista sia una ridotta rafaelita. Dove si prova a dire che il lavoro va giudicato alla fine, dove si comprende che in una stagione ci possono essere i momenti negativi, dove si è consapevoli che si commettono errori. Dove, insomma, si ritiene che il calcio sia una metafora della vita. E nella vita si cade e poi ci si rialza.
In questi mesi il Napolista è cresciuto molto. Sia qualitativamente sia tecnicamente. Abbiamo cambiato sistema operativo, i nostri contati sono cresciuti tantissimo e ovviamente ci stanno conoscendo persone che prima ignoravano l’esistenza del Napolista. Quindi non ci sorprendono i commenti eccessivi che spesso accompagnano i nostri scritti. Ci sorprende di più, semmai, lo scetticismo di chi questo sito lo ha visto nascere dal primo giorno. Per come è venuto al mondo, il Napolista oggi non può non dirsi rafaelita. Ci viene assolutamente naturale ritenere che nel lavoro occorre unità per superare i momenti negativi. Così come ci viene naturale credere in una concezione diversa del tifo. Del resto, questo ci ha sempre accomunati.
E il nostro non è integralismo. Semplicemente, riteniamo che Benitez possa essere un’opportunità per Napoli e per il Napoli. E con noi lo pensano tantissimi tifosi del Napoli. Che ovviamente non sono masochisti, hanno solo fiducia nel lavoro e in un progetto. Ci ha fatto piacere che qualcuno – in questo caso il Pd – si sia accorto di quel che sta provando Benitez per la nostra città. Così come ci rende orgogliosi l’appoggio silenzioso di tanti lettori del Napolista. Insomma, siamo una ridotta ma poi non così tanto. Solo che i napoletani costruttivi fanno meno notizia.
Massimiliano Gallo