Il Napoli di Benitez sa reagire e ci crede fino alla fine. Soprattutto fuori casa

L’immagine più bella della partita è Jorginho che al momento dell’espulsione di Koulibaly gli fa cenno di uscire dalla parte opposta alle panchine: fai prima e non ci fai perdere tempo, altrimenti dovresti fare tutto il giro. Un Jorginho concentrato, mentre il Napoli a cinque minuti dalla fine è sotto di un gol e con […]

L’immagine più bella della partita è Jorginho che al momento dell’espulsione di Koulibaly gli fa cenno di uscire dalla parte opposta alle panchine: fai prima e non ci fai perdere tempo, altrimenti dovresti fare tutto il giro. Un Jorginho concentrato, mentre il Napoli a cinque minuti dalla fine è sotto di un gol e con un uomo in meno. L’immagine supera persino quella della scoperta dell’orologio da parte di Benitez che prima lo tocca indicando all’arbitro di recuperare (gesto che conosciamo benissimo) e che poi addirittura lo guarda dopo il gol di Zapata per verificare se c’è ancora tempo per vincere. 

Gli ultimi 25 minuti del Napoli vanno riguardati per comprendere un po’ di cose della partita di ieri sera. Uno a uno sul campo della Sampdoria, pareggio acciuffato in dieci uomini in pieno recupero (alla faccia del refrain “è una squadra che non combatte, non segneremo mai un gol all’ultimo minuto”), decimo risultato utile consecutivo in campionato, la terza miglior difesa fuori casa e la terza peggiore in casa. Dove – arrabbiatevi pure ma è la triste verità – molto probabilmente avremmo cominciato a rumoreggiare e temo anche a fischiare ben prima del pareggio di Zapata.

Il Napoli coglie tutto sommato un buon pareggio su un campo non facile, contro una squadra ostica e determinata – ben guidata da Mihajlovic – che nel primo tempo ha chiuso bene e pressato al punto che nella ripresa hanno avuto il fiatone, come del resto capita a gran parte delle avversarie del Napoli di Benitez (che invece corre fino alla fine). Mihajlovic ha cambiato modulo e la Sampdoria, pur giocando bene e facendoci soffrire, di fatto non ha mai impensierito Rafael. Britos è stato in difficoltà (nonostante la protezione di Ghoulam davanti a sé), Koulibay ha dato vita a un bel duello con Okaka. Va da sé che le partite non possono essere sempre dominate come fece il Brasile con noi nel secondo tempo del 1970. Il Napoli ha avuto l’occasione più nitida, con Higuain (ieri in un’altra serata in cui ha ricordato i cavalli di trotto che si mettono di traverso) che non è riuscito a superare Romero su perfetto suggerimento di Maggio. 

Nella ripresa, il Napoli sembra crederci di più. Rocchi ci nega un errore sacrosanto su Albiol e poi prendiamo gol. Eder controlla e si gira tra quattro napoletani e infila Rafael sul primo palo. Errore del portiere? Il dibattito è aperto. Ero inizialmente per il sì, poi ho parzialmente rivisto il giudizio ma resta un tiro sul suo palo. Ecco, qui comincia un’altra partita. Il Napoli reagisce, eccome. Cosa che non accade sempre al San Paolo. Higuain ha due palloni da solo davanti alla porta: sul primo, chiude con un sinistro centrale un bel triangolo con Hamsik; sul secondo, non riesce a servire Callejon tutto solo in area. Anche Jorginho tira a botta sicura in area.

Passano i minuti e il Napoli non demorde. Rischia il ko, resta in dieci, Rocchi ci nega il secondo rigore (non clamoroso come il primo) e poi in pieno recupero Zapata – subentrato ad Hamsik – pareggia su bel cross di Ghoulam che chiude un’azione avviata a centrocampo da Higuain e proseguita da Mertens. Adesso, ovviamente, il dibattito è aperto. Sul bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno. Sul cambio di modulo e l’opportunità di far giocare insieme Zapata e Higuain col sacrificio di Hamsik. Idea rispettabile, per carità, anche affascinante; va altresì ricordato che fino a ieri mattina Zapata era un brocco da vendere al più presto perché serviva un vice Higuain degno di questo nome. Magari, aggiungiamo noi, servirebbe un Higuain all’altezza della sua fama. Intanto, il nostro Duvan segna un gol ogni 57 minuti: così brocco non è, ma tanto sono discorsi inutili. ’O tifoso e ’o ggiurnalista anna sfuga’ e questo è l’importante. 

Benitez ha provato a non perderla la partita. Soprattutto, come spesso gli capita ultimamente, a non prendere gol in contropiede. Ha preferito Ghoulam a Mertens (che è forte, per carità, ma qui a Napoli lo consideriamo Bruno Conti e tra l’altro è reduce da un infortunio mica da ridere), deve arrangiarsi perché, come scrive giustamente Iovene, ha meno uomini da far ruotare e non può applicare il tanto bistrattato ma così indispensabile turn over. E tra gli uomini che mancano non dimentichiamo Insigne che era diventato il nostro baricentro. Cosa non è andato? Il Napoli è mancato ancora una volta nei suoi uomini chiave: Higuain soprattutto, lui dovrebbe fare la differenza. Callejon ha deluso ma è stato imbrigliato bene e Hamsik a me non è così dispiaciuto, questione di punti di vista. E poi ci manca quella consapevolezza nei nostri mezzi che fa la differenza.  

Alla fine, gli aspetti positivi prevalgono su quelli negativi. Le prime due si allontanano? Beh, fino a cinque settimane fa dovevamo quasi guardare il fondo della classifica. Siamo terzi e lo siamo anche dopo due pareggi consecutivi. Gli errori visti contro il Cagliari – per fortuna – non si sono ripetuti. E il carattere – che sembrava un po’ come il coraggio manzoniano – ha invece fatto capolino. Questa squadra poi non è vero che non segna nei finali di partita: qui a Genova il recupero ci ha fruttato tre punti in due partite. E anche a Bergamo pareggiamo in extremis, prima del rigore sbagliato da Higuain (in altri tempi si sarebbe parlato di zona Benitez). Occorrerebbero echilibrio e pazienza, cultura dello sport, oltre alla consapevolezza che in campo ci sono anche gli avversari. Insomma, tutto quel che ben sappiamo.
Massimiliano Gallo

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