Gabbiadini, un diamante da sgrezzare. Come Insigne

Manolo Gabbiadini. Non si parla che di lui. In modo anche inconsueto. Non ricordo una trattativa di mercato chiusa e pressoché annunciata – come sembra leggendo qua e là – a campionato in corso. Somiglia a uno di quei tormentoni che hanno contraddistinto le recenti sessioni di calciomercato e che spesso si sono conclusi non […]

Che peccato Gabbiadini

Manolo Gabbiadini. Non si parla che di lui. In modo anche inconsueto. Non ricordo una trattativa di mercato chiusa e pressoché annunciata – come sembra leggendo qua e là – a campionato in corso. Somiglia a uno di quei tormentoni che hanno contraddistinto le recenti sessioni di calciomercato e che spesso si sono conclusi non solo con un nulla di fatto ma persino con un effetto boomerang.

Ma non è il tema di questo breve scritto. Quel che mi ha colpito è la mia reazione di fronte alla possibilità che Gabbiadini (ora alla Sampdoria) a gennaio diventi effettivamente un calciatore del Napoli. La premessa è fondamentale: mi piace, è forte, è un italiano atipico, ha ottimi mezzi tecnici che – al momento – non lo hanno reso un protagonista del nostro calcio. Insomma, non è la sorella Melania. Ma è valido. Potenzialmente molto valido.           

Il punto, però, è un altro. Dopo aver pensato che si tratterebbe di un buon acquisto, finalmente di un mancino che non abbiamo, di uno che sa calciare le punizioni. Subito dopo, però, ho fatto un’altra riflessione che qualche anno fa mi sarebbe stata estranea. E cioè quanto Benitez – spero anche l’anno prossimo – dovrà lavorare su un talento e renderlo un calciatore maturo e completo. Oggi mi ritrovo ad avere una percezione più chiara di quanto sia importante il lavoro su un calciatore. Non solo con Benitez. Ho cominciato a scoprirlo con Mazzarri, in particolar modo con Pazienza. Con Rafa mi è stato ancora più evidente. Il tecnico spagnolo ha impiegato un anno per fare di Insigne – il più grande talento della sua generazione, come disse Arrigo Sacchi – un calciatore maturo, in grado di praticare entrambe le fasi, di diventare il punto d’equilibrio del Napoli.

Un anno e più di pazienza. Perché nessuno ha mai potuto dire che Insigne fosse un brocco. E allo stesso tempo nessuno ha mai immaginato che potesse diventare quel calciatore che – ahinoi – abbiamo ammirato solo poche partite prima di essere fermato da un maledetto infortunio. Quante imprecazioni per quei continui ghirigori, quell’ostinazione a valore cercare il tiro a giro a tutti i costi, quella evidente difficoltà del giovane a eseguire movimenti che nessuno gli aveva mai chiesto di eseguire. Aveva sempre avuto il talento, lui. Bastava e avanzava. Toccava agli altri sgobbare per perfezionarsi. Come spesso accade, dopo aver provato e riprovato, aver assaporato e quasi digerito l’amarezza, dopo aver detto mille volte che “basta io questa cosa non riesco a farla”, Insigne è cambiato. Una splendida metamorfosi che va sotto il nome di lavoro, abnegazione, capacità di non arrendersi. L’evidenza plastica di quanto l’applicazione faccia la differenza. Sempre. A tutti i livelli. In tutti i campi.

Lo stesso lavoro, temo, Benitez dovrà farlo con Gabbiadini, uno che con quel sinistro può fare quello che vuole. Proprio come Lorenzo col destro. Uno che il talento se l’è trovato. Il resto, se non da costruire, è da perfezionare, ritoccare. Non so se Gabbiadini verrà realmente al Napoli, ma sarebbe un acquisto interessante. E confermebbe la volontà di puntare – come accadde con Insigne e Verratti – sui talenti italiani. Nelle mani di Rafa, Gabbiadini potrebbe diventare un giocatore fortissimo. Dovrà dimostrare la stessa ostinazione di Insigne, la voglia di non rimanere solo un grande talento. Ecco, quest’aspetto del calcio prima mi era infinitamente meno chiaro.
Massimiliano Gallo

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