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L’idea di tifo del commissario Ricciardi

L’idea di tifo del commissario Ricciardi

“È giusto invece applaudire, dopo aver criticato, senza fare distinzione di carri di vincitori e di sconfitti. Il tifoso paga, e paga tanto, non solo in termini di soldi ma di passione: ha il diritto di fischiare e criticare quando le cose non vanno bene, e ha ancora di più il diritto di essere felice, se il campo lo rende felice. E il tifoso, si sappia, è felice in un solo caso: se il Napoli vince. A buon intenditor, mezza parola.” 

Così, sul Mattino, lo scrittore Maurizio de Giovanni teorizza la sua idea di tifo. Avendo noi un’altra visione della passione calcistica, ci sentiamo – “politicamente”, non oggettivamente – chiamati in causa.

Chi frequenta i social network, sa che la penna del commissario Ricciardi aveva scomodato persino il nazismo per definire coloro i quali tacciavano di opportunismo chi fino al secondo prima della vittoria si distingueva unicamente per critiche smodate e senza alcuna volontà di costrutto per poi esultare con disinvoltura. Sul Napolista aveva invece parlato di giacobinismo. Perché – questa la base del pensiero di de Giovanni – il tifoso è tifoso e come tale vive in una sorta di extra-territorialità. Il tifo è viscere e il tifoso adda’ sfuga’. E basta. Un po’ come quelle belle signore napoletane di una volta che perdonavano qualsiasi malefatta adolescenziale o giovanile con una definizione spettacolare: “stesso che è ragazzo”. E quindi, stesso che è tifoso, si può dire che avremmo dovuto acquistare Menez, anzi no Quagliarella, che Benitez la deve smettere di dire che i giocatori vanno alternati secondo le tabelle dei minutaggi, che De Laurentiis ha preso in giro un’intera città e via discorrendo. Perché il tifoso adda sfuga’. E chi ha qualcosa da ridire è nazista, o è giacobino. Perché il tifoso è felice solo quando vince. Come il bambino solo quando ha la caramella. Come Hannibal Lecter solo quando ha un oggetto appuntito in mano. Perché altrimenti nun è pallone. È filosofia. Potrebbe essere un’idea per il prossimo romanzo. Il commissario Ricciardi arresta l’assassino che però ha un’attenuante di ferro: “Commissa’, aveva perz’o Napole, s’è annebbiata ’a vista, vuie me putite capi’”.
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