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Ma Rafa Benitez ha appena iniziato a seminare

Qualcuno pensava che chiuso un ciclo bello come quello mazzarriano, con il ritorno stabile tra le grandi d’Italia, un ottavo Champions, il primo trofeo in bacheca dopo ere geologiche, se ne iniziasse un altro senza contraccolpi. Secoli fa si premiava il migliore allenatore col “seminatore d’oro”. Se c’è un tempo per la semina e uno per il raccolto, i tifosi del Napoli hanno sperato in questi mesi di continuare a raccogliere piuttosto che seminare futuro.

Invece il Napoli di Benitez è un giardino dove si è appena cominciato a seminare. Se i frutti fossero spuntati così precocemente avrebbero rischiato di essere bruciati dal gelo invernale. L’esempio plastico di tale realtà è dato dall’attuale rosa, coperta corta se tre infortunati la mettono in crisi e Benitez ricorda il Reja costretto a mandare in campo il buon Capparella a San Siro. Fatto sta che a Castelvolturno per le feste, e soprattutto a giugno, si affolleranno i trolley e i borsoni sportivi di chi va e chi viene: giocatori a fine corsa, quelli bravi ma non proponibili per vincere, quelli utili ma non indispensabili, le giovani incertezze. Tanti arriveranno decine e decine a perdere la giornata sui siti che si contendono i click inventando nomi.

La realtà è che il Napoli di Benitez può contare oggi solo su un piccolo nucleo di monaci rafaeliti: Albiol, Behrami, Hamsik, Callejón, Insigne, Higuaín, Mertens. Sono gli uomini che segneranno il ciclo Benitez come i Cannavaro quello Mazzarri e i Grava quello Reja. Solo sette uomini, appena la spina dorsale di un corpo, concentrati nella metà anteriore del campo. A loro si aggiungono alcune variabili, Britos, Dzemaili, Inler e già nessuno metterebbe la mano sul fuoco su di un loro lungo futuro in azzurro. Per il resto i trolley pronti a partire sono in egual misura ai borsoni disfatti a metà.

Tra i pali e ben oltre questi Pepe Reina, il nostro angelo custode, ha convinto tutti ma tutti sanno che difficilmente resterà. Il Rafael che finora non ha trovato neanche un minuto è appena un’ipotesi di futuro. Se l’anno prossimo vi fossero altri due portieri vi sorprendereste? Tra i giocatori di movimento, conclamata la fine dell’epoca di capitan Cannavaro altri capi sembravano avvicinarsi all’addio: Christian Maggio (32 a febbraio), Goran Pandev e Juan Camilo Zúñiga, destinato probabilmente a far cassa. Sono quattro nomi importanti che hanno fatto la nostra storia recente ma che, per motivi diversi, si avvicinano al capolinea.

Tra i giovani forse il solo Radosevic (che però non gioca mai) sembra davvero godere di qualche considerazione. Gli altri, Uvini e Bariti, è difficile immaginarli mentre Zapata sembra destinato ad essere emulo dei Russotto, Hoffer, Dumitru, Vargas, gioventù bruciata al ritmo di qualche scampolo di partita. Restano un comprimario al quale fare gli auguri come Mesto, quelli di passaggio come Réveillère e i bocciati se vuoi fare la Champions, l’ormai venticinquenne Fernández e Armero. Di questi 14 giocatori forse nessuno giocherà ancora nel Napoli tra un paio d’anni. Magari no; magari il nostro angelo custode resterà, il giovane paulista lo sostituirà, Radosevic diventerà un cagnaccio nel mezzo, Zuzù resterà nei secoli fedele e Christian o Goran allungheranno a dismisura carriere già logore. Ci credo poco.

La verità è che della squadra titolare che ha conquistato il diritto a giocare questa Champions tra un anno o due, con l’eccezione di Behrami, Hamsik e Insigne, forse nove undicesimi saranno un ricordo e solo Capitan Marekiaro unirà il passato al futuro. Don Rafael Benitez ha appena iniziato a seminare. Per il raccolto bisogna avere pazienza, arriverà.
Gennaro Carotenuto

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