L’omertoso sistema calcio una volta all’anno pretende i calciatori anticamorra

Certo che siamo strani forte noi giornalisti, noialtri del circuito mediatico. Quarto, quinto e – con Internet – sesto potere. Per noi gli eroi devono essere giovani e belli a comando. Schiacciare tasto, ottenere titolo. E chi si oppone – vuoi per inettitudine, vuoi per manifesta volontà – al nostro richiamo, sarà messo alla berlina. […]

Certo che siamo strani forte noi giornalisti, noialtri del circuito mediatico. Quarto, quinto e – con Internet – sesto potere. Per noi gli eroi devono essere giovani e belli a comando. Schiacciare tasto, ottenere titolo. E chi si oppone – vuoi per inettitudine, vuoi per manifesta volontà – al nostro richiamo, sarà messo alla berlina.

È quel che sta avvenendo in questi giorni, tra ieri e oggi, con la Nazionale di calcio che è impegnata domani a Napoli nell’inutile partita contro l’Armenia (fin qui 14mila i biglietti venduti). Inutile perché siamo già qualificati per i prossimi Mondiali in programma in Brasile. Per l’occasione, la Nazionale di Prandelli ha deciso di andarsi ad allenare sul campo della “Nuova Quarto per la legalità”, una società dilettantistica nata sulle spoglie di un club sequestrato alla camorra.

Per l’occasione – ma solo per l’occasione, si badi bene – i nostri calciatori debbono trasformarsi in simboli anti-camorra in grado di fornire il buon esempio ai giovani che vivono in terre a rischio criminalità. L’intento è dei più nobili, per carità. Solo che non funziona così. Non può esistere la bacchetta magica. Non si possono trasformare, per il solo arco di 24 ore, giovanotti che sono stati allenati a non pensare e a tirare calci ad un pallone in sociologi in grado di sviscerare un fenomeno delinquenziale e mostrare la strada da seguire.

Ma lo conoscete il mondo del calcio? Lo conosciamo, colleghi giornalisti. Un po’ sì. Il calcio è quel mondo dove non dire mai quello che pensi. Dove, sin da piccolo, ti educano a non dire la tua. Devi allenarti, rispettare le gerarchie della squadra, onorare la legge dello spogliatoio, che è una legge intrisa di omertà, e devi aspettare il tuo turno. Devi obbedire e devi giocare al calcio. Devi tirare quattro calci a un pallone. Se lo saprai fare nel migliore dei modi, avrai tanti soldi, macchine di lusso, belle ragazze. Ma a una condizione: devi farti i fatti tuoi. Non si parla dell’omosessualità, non si parla del razzismo, non si parla di politica. Queste sono le regole del gioco: prendere o lasciare. Per te parla il mister. Parla il mister da quando sei piccolo così.

Beh, diciamolo, quasi tutti si adeguano. La stragrande maggioranza dei calciatori e degli allenatori si adegua. Però qualcuno che non si adegua c’è. Va detto. Solo che non fa notizia. Quanto risalto ha avuto sui media nazionale la notizia di Evacuo, l’attaccante del Benevento che ha dovuto chiedere scusa ai propri tifosi per aver osato salutare, a fine partita, i suoi ex tifosi della Nocerina? Qualcuno nel mondo del calcio offrirà una poltrona a Giampaolo, l’allenatore del Brescia che non è voluto venire a patti con gli ultrà? Non gliela offriranno e se gliela offriranno, sarà in cambio del suo silenzio. Queste sono le regole del gioco.

E invece che cosa pretendono i giornalisti? Che i calciatori della Nazionale in 24 ore si trasformino in Giovanni Falcone, in Antonino Caponnetto. Smarriti, spaesati, i calciatori non sanno che pesci pigliare, alle prese con una realtà più grande di loro. Ciascuno, ovviamente, reagisce come può e come sa. Come il proprio carattere, il proprio cervello, la propria personalità, il proprio bagaglio culturale gli suggeriscono di fare. Beh, Balotelli avrebbe fatto meglio a dire altro, ci mancherebbe. Ma perché adesso l’Italia pretende da lui un ruolo anticamorra? In nome di cosa? Perché guadagna tanti soldi ed è un simbolo per i ragazzi?

Ma è stato educato a comportarsi diversamente? Quanto si è soffermato il calcio sul tema razzismo? È polvere da nascondere sotto al tappeto, come ha dimostrato la scorsa settimana a proposito della norma sulla discriminazione territoriale. Ma di cosa parliamo? È uno sport in cui conta ancora quello che annota un arbitro su un taccuino pur se sbugiardato da cento telecamere. È un sistema feudale. E noi improvvisamente vorremmo che partorisse Voltaire.

Balotelli è un imbecille, come ha detto Rosaria Capacchione? Forse lo è. Ma la domanda è un’altra: il mondo del calcio, i giornalisti (sportivi e non), i dirigenti, che cosa hanno fatto affinché lui non lo fosse? Una visita all’anno a Quarto è buona e comoda per lavare le coscienze. Per provare a cambiarle, serve ben altro.
Massimiliano Gallo

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