Il triste silenzio di De Laurentiis: “colerosi e terremotati” non sono diritti tv

In linea con una antica legge del giornalismo, al quinto giorno la notizia comincia a sgonfiarsi. A meno di clamorose eccezioni. Tra queste, però, non figura il caso ultrà. Proprio oggi, a poche ore dalla decisione sulla squalifica del campo del Milan, la notizia scompare persino dalle prime pagine dei quotidiani sportivi. Toni bassi. La […]

In linea con una antica legge del giornalismo, al quinto giorno la notizia comincia a sgonfiarsi. A meno di clamorose eccezioni. Tra queste, però, non figura il caso ultrà. Proprio oggi, a poche ore dalla decisione sulla squalifica del campo del Milan, la notizia scompare persino dalle prime pagine dei quotidiani sportivi. Toni bassi. La Gazzetta propone un boxino in cui riassume come andrà a finire: “Milan, una strada per riaprire San Siro: rinviare l’udienza”. Ipotesi che affiora anche sul Corriere dello Sport, sempre in un richiamino. Insomma, una sorta di sospensiva in attesa che cambino le regole. Una resa incondizionata. Al Milan, al pianeta ultrà e anche a tutte le altre società di calcio, visto che nessuna si è opposta al documento della Lega contro la discriminazione territoriale.

E quando diciamo nessuna, includiamo – come ricordato da Antonio Patierno – anche il Napoli. Silenzio fragoroso è l’espressione più abusata in queste situazioni. Silenzio avvilente e mortificante, vorremmo dire noi, quello di Aurelio De Laurentiis. E dire che sul Napolista abbiamo provato a tendergli una mano, a offrire una interpretazione benevola delle sue uniche dichiarazioni sul tema ultrà. Dopodiché, però, De Laurentiis si è chiuso in un imbarazzante mutismo. Proprio lui, per il quale si attaglia così bene quella felice espressione napoletana: “nu pacchero p’o fa’ parla’ e ddoie p’o fa’ sta zitto”.

Stavolta, invece, niente. Silenzio. Né un tweet né un intervento radiofonico né un’intervista. Niente di niente. Eppure gli altri si sono esposti, eccome. Galliani ha più volte equiparato il coretto sui colerosi a uno sfottò. Andrea Agnelli non ha parlato di sfottò ma di una consuetudine ventennale, che è un po’ la stessa cosa. De Laurentiis non ne ha sentito il bisogno. Lui che sbandiera ai quattro venti il suo amore per Napoli, la napoletanità, l’unicità di questa città, stavolta n’è rimasto zitto. E noi con l’amaro in bocca siamo pronti a scommettere che se si fosse trattato di diritti tv il presidente si sarebbe fatto sentire. A modo suo, come fa quando un tema gli sta a cuore. Vedi la questione stadio, poche ore prima di Genoa-Napoli.

Insomma, ad Aurelio De Laurentiis che ci chiamino terremotati e colerosi non importa. Non vogliamo qui indagare su quale sia il suo reale giudizio sui napoletani e su quel coretto. Preferiamo evitare. Del resto abbiamo notato che anche Walter De Maggio, direttore della radio ufficiale del Napoli (e anche collaboratore di Mediaset, va specificato) su Twitter si è schierato contro gli stadi senza tifosi. E insomma, va così. Magari, oggi, cinque giorni dopo, i Fedayn si saranno pentiti della loro trovata. Ma è troppo tardi, ormai. Hanno garantito a tutti noi il diritto a essere offesi.

Ci tocca qui chiudere con una segnalazione. Segnaliamo un sito di juventini, juventibus.com, dove compare quest’articolo: “Curve chiuse per razzismo: dieci argomenti per il sì”. Vi riportiamo il finale: “Il problema, insomma, per me è il razzismo e non la sua pur dura repressione. Non voglio stadi «buonisti», la rivalità e lo sfottò saranno sempre il sale del calcio ma, ecco, vorrei un luogo dove poter portare mio figlio senza vergognarmi.Lo Juventus Stadium è bellissimo e i nostri ultrà, non sempre irreprensibili, mi sembra stiano facendo qualche passo in avanti. Per prendere in giro i tifosi del Napoli inventiamoci qualcosa in cui non c’entri il Vesuvio, altrimenti se ci chiudono la curva ce lo saremo meritati”.

Lezione di stile dagli juventini. Anche questo ci meritiamo.
Massimiliano Gallo

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