Avete vinto voi: ultrà, De Laurentiis e dirigenti del calcio italiano. Noi, colerosi, abbiamo perso

Abbiamo perso. “Abbiamo”… chi siamo “noi”? Intanto vediamo chi sono loro: gli ultrà, anche quelli del Napoli, sempre più movimento coordinato nazionalmente. Le società di calcio, anche il Napoli, legate al piccolo interesse di non avere sanzioni per colpa dei ricattatori a saluto nazista dispiegato. I media, anche quelli napoletani, che, figuriamoci, loro non sono […]

Abbiamo perso. “Abbiamo”… chi siamo “noi”?
Intanto vediamo chi sono loro: gli ultrà, anche quelli del Napoli, sempre più movimento coordinato nazionalmente. Le società di calcio, anche il Napoli, legate al piccolo interesse di non avere sanzioni per colpa dei ricattatori a saluto nazista dispiegato. I media, anche quelli napoletani, che, figuriamoci, loro non sono così provinciali per combattere la battaglia “dello sfottò”.
Vincere era proprio difficile, eppure qualcosa in ballo c’era. No, non la libertà d’espressione. Ma la civiltà in quella versione piccola piccola che è il rispetto per le origini e la cultura delle persone. Per la sensibilità di adulti e ragazzi, che, unici in questo paese, si vedono quotidianamente prendere in giro per il posto in cui sono nati, per l’accento che hanno, per la squadra per la quale tifano.
Ecco chi siamo “noi”. Che non volevamo togliere la parola a nessuno. Volevamo non sentirci insultare, come “avviene da 50 anni”, ha detto l’emittente del signor Murdoch, capofila della minimizzazione di questi giorni. E quindi, se succede da 50 anni, perché non continuare? E’ stato detto che se Rosa Parks avesse ragionato così…. fermi tutti! Non si può!
Anche questo ci hanno detto, che volevamo paragonarci ai grandi perseguitati del nostro tempo. Rovinare la causa di neri e magari dei gay. Mi pare giusto. In un paese che lancia banane ai calciatori neri e dove si dice ancora “frocio” e decine di omosessuali vengono uccisi ogni anno, senza nemmeno essere classificati come vittime di omicidi omofobici, che cosa volevamo mai noi, non sentirci dire: “Napoli-Merda, Napoli-Colera sei la vergogna dell’Italia intera?” Come mangiare brioche quando altri non hanno il pane.
Andremo avanti così. “Sfottuti” da quelli che fanno i progressisti sui loro giornali e in privato dicono “Napuli” e “va buò” per prendere per il culo il napoletano che hanno davanti. Di quelli che pensano che noi siamo un paese di tanti Schettino. Perquisti e identificati allo stadio mentre i delinquenti portan dentro ogni cosa, tanto loro possono ricattare la società quando vogliono. Noi insultati dagli ultrà perché borghesi e rinnegati e privati anche della gioia di cantare le canzoni che amiamo. E dal signor presidente perché abbiamo uso di ragione e facciamo qualche critica al Signor Padrone. E dai tifosi della Juventus con i sacchetti della spazzatura, dai milanisti con i cori, dagli interisti con non si sa cosa e ancora non siamo tornati a Verona quest’anno.
Però vedete, noi andiamo allo stadio o paghiamo la tv perché ci è caro un nome che non è calcio, ma è quello della città che amiamo. Non importa né l’emergenza monnezza né gli assassini né i mille sfasci di quella città. L’amore sta altrove. Noi non proviamo vergogna perché amiamo quei pochi chilometri quadrati stretti tra il vulcano e il mare, come se fosse nostra madre. Quella è la bandiera che sventola nel nostro cuore. Lo farà sempre.
E’ questo, gentile De Laurentiis, Gentile Murdoch, Gentile Mediaset, Gentili presidenti, anche di Lega. Questo fa un pezzo dei vostri profitti e un po’ del vostro potere. Andiamo avanti così. Noi continueremo ad amare. Voi tutti continuerete ad essere dei gran pezzi di merda. Ma è uno sfottò, beninteso. Anzi, è satira.

Vittorio Zambardino

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