Cari colleghi (del Nord), San Gennaro non c’entra. Il vero miracolo del Napoli è la cultura del lavoro

Se volessimo trovare un colpevole, ci sono nome e cognome: Luigi Necco. Perché, in fondo, almeno in tv tutto cominciò con lui. Con quel capannello di tifosi che aspettavano il collegamento dal San Paolo per Novantesimo minuto e testimoniavano la loro presenza con una rumorosa esultanza nel momento in cui Necco restituiva la linea a […]

Se volessimo trovare un colpevole, ci sono nome e cognome: Luigi Necco. Perché, in fondo, almeno in tv tutto cominciò con lui. Con quel capannello di tifosi che aspettavano il collegamento dal San Paolo per Novantesimo minuto e testimoniavano la loro presenza con una rumorosa esultanza nel momento in cui Necco restituiva la linea a Paolo Valenti. Quarant’anni dopo, televisivamente, non è cambiato nulla. Anzi, i capannelli si sono moltiplicati, proprio come le emittenti.

Ieri sera, in pizzeria, stanchi ma felicissimi, uno sguardo distratto ha colto quel fotogramma su Italia1. Il leit motiv era ancora una volta lo stesso: microfono tra la folla (che è rimasta lì per ore pur di essere inquadrata da una telecamera) e ossessiva ricerca della Napoli oleografica che sembra tirare tanto. Aggiungiamoci la data, 18 settembre che volge al 19, festività del santo patrono di Napoli, e il gioco è fatto. “Miracolo al San Paolo”. “San Gennaro ha fatto il miracolo”. “Ci ha pensato San Gennaro”. Perché noi saremo anche un Paese immobile, ma il mondo dell’informazione di certo non aiuta. Napoli è folklore. Punto. Il folklore che piace a loro. Ovviamente. Quello più retrivo. Insomma, quel che loro (e sì, mi dispiace, ma devo scrivere loro, perché quasi tutte le tv hanno sede a Milano, hanno i cervelli al Nord) pensano di noi. È una sorta di mito del buon selvaggio quello che viene continuamente riproposto. Potremmo dire con una reiterazione scientifica che forse è l’altra faccia di una sciatteria giornalistica.

Perché il successo di ieri sera del Napoli tutto è fuorché un miracolo. Non c’è nulla di prodigioso, nulla che non sia stato preparato meticolosamente. Il successo del Napoli di ieri sera è frutto di dieci anni di lavoro. Di una lenta e dolorosa risalita, di un progressivo miglioramento, di una vivificazione del bassoliniano “passo dopo passo” (con un diverso esito finale, per fortuna). La superstizione, ’a pizza, ’o vesuvio e ’o mandolino non c’entrano niente. Il successo del Napoli sui vicecampioni d’Europa del Borussia Dortmund (che hanno battuto il Bayern in SuperCoppa di Germania, quest’estate) è figlio di programmazione, lavoro, competenza e spirito di abnegazione. Fosse stata una squadra del Nord-Est avreste parlato sì di miracolo, ma sottolineando queste qualità appena menzionate. Non certo la smorfia. E invece nei vostri servizi prevale sempre l’oleografia, come se a Napoli dovesse per forza accadere tutto per caso.

E invece no. E invece succede che ce l’avete voi, nella Milano rossonera, l’allenatore che si volta all’ultimo istante di Torino-Milan perché ha paura di guardare il rigore. Contro il Torino, eh, non nella finale di Champions. Ce l’avete voi, nella Torino bianconera, l’allenatore che piange perché gli hanno venduto Giaccherini (povero!). Giaccherini eh, mica Cavani. Per non parlare di quel che state riuscendo a creare per il nuovo allenatore dell’Inter. Nulla contro Mazzarri, per carità, ma possiamo solo dirgli che ha fatto bene ad andare a Milano. Qui ha ottenuto un secondo posto, un terzo, conquistato due Champions, battuto Chelsea e Manchester City, e a stento veniva considerato dai media. Ora, da quando è alla Pinetina, ad ascoltare e leggere media e giornali sembra che Mourinho fosse solo un povero pirla.

Potere della comunicazione. E dei soldi. Comincio a pensare che Aurelio De Laurentiis, il pittoresco Aurelio De Laurentiis, abbia ragione a fare quelle piazzate. Bisogna provare a far saltare il banco, altrimenti per Napoli sono previste solo briciole. La serata di ieri è stata – mi perdoni il Ciuccio – una serata sacchiana. Una serata in cui l’allenatore ha raccolto i frutti del lavoro proprio e di chi lo ha preceduto. E di chi in dieci anni ha preparato questa straordinaria vittoria. E voi sapete che noi del Napolista non siamo mai stati teneri col presidente.

No, mi dispiace, cari colleghi. San Gennaro col successo di ieri c’entra davvero poco. Per carità, il santo patrono è il santo patrono. Magari, proprio grazie all’ottimo lavoro svolto in campo calcistico, può volgere il suo sguardo ad altro. Per il Napoli, tutt’al più, basta un occhio di riguardo.
Massimiliano Gallo

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