Nel paese dei furbetti, Maradona è l’evasore unico

E’ la nuova guerra dei trent’anni. Il Fisco italiano contro Maradona. In ballo 34.217.855 euro di cui più della metà per interessi di mora (20.353.109) che Equitalia pretende dal pibe de oro. A occhio e croce, si potrebbe dire che Diego si è fatto piovere addosso. Avesse pagato subito, nel 1992, la cifra sarebbe stata […]

E’ la nuova guerra dei trent’anni. Il Fisco italiano contro Maradona. In ballo 34.217.855 euro di cui più della metà per interessi di mora (20.353.109) che Equitalia pretende dal pibe de oro. A occhio e croce, si potrebbe dire che Diego si è fatto piovere addosso. Avesse pagato subito, nel 1992, la cifra sarebbe stata di 13.864.740. Ma l’inizio della vicenda è ingarbugliata. Maradona non ricevette la notifica di ingiunzione di pagamento. L’ebbero Alemao e Careca che fecero ricorso e se la cavarono. E’ esatto dire che, invece, Maradona non sapeva nulla del suo “impegno” col Fisco? Non si sa esattamente.
Nel 2004 la querelle arrivò sino in Cassazione che confermò il debito dell’argentino. Nel frattempo una solerte Guardia di finanza gli “pizzicava” il cachet per la partecipazione al programma Rai “Ballando sotto le stelle” (2005), due Rolex durante una manifestazione di beneficenza a Giugliano cui presenziò il pibe (2006), un orecchino durante un soggiorno di Diego a Merano (2009). In aggiunta, uno spiegamento in massa delle Fiamme Gialle a Fiumicino ad ogni sbarco di Maradona (tre).
L’anno scorso il direttore dell’Agenzia delle entrate Attilio Befera disse: “Se Maradona viene a sanare le sue pendenze con il fisco, ben venga, io sono un suo tifoso”. Insomma, è un muro contro muro. Il muro del Fisco non sono riusciti ad abbatterlo né il collegio di cento professionisti che si formò nel 2001 per difendere gratis Maradona davanti alla commissione tributaria, né i vari legali successivi, né l’ultimo difensore che, a un certo punto, ha dato per risolta la questione. L’Equitalia ha smentito immediatamente: Maradona deve saldare il suo debito, punto e basta. Non se ne esce.
Nel 2008 il commercialista napoletano Giuseppe Pedersoli e il giornalista Luca Maurelli dettero alle stampe un poderoso volume su “paradossi e ingiustizie del Fisco italiano da Maradona al signor nessuno”. Racconta il libro: “Quando il Fisco bussò per la prima volta alla porta di Maradona, nessuno rispose. Sloggiato e sconosciuto, scrisse il messo notificatore sul documento non consegnato”. Ecco l’inizio controverso di tutta la vicenda. Maradona aveva lasciato Napoli dopo il controllo antidoping positivo. Allora, Diego non sapeva nulla delle tasse da pagare? Lo seppe il giorno in cui, sbarcando a Fiumicino, ma erano già passati tredici anni dalla sua partenza da Napoli, la Guardia di finanza gli allungò un documento nella calca dell’arrivo del pibe? Non è tutto chiaro nella vicenda delle tasse di Maradona. Siamo a un altro capitolo delle “cartelle pazze” che nel 1998 terrorizzarono gli italiani quando il Ministero delle finanze emanò milioni di cartelle esattoriali sbagliate?
Da Dubai dove si trova, Diego ha inviato un videomessaggio: “Non sono un evasore, non lo sono mai stato. Mi stanno rubando la possibilità di rivedere la gente di Napoli che amo”. Ma il Fisco non ha cuore e su Diego ha le idee chiare: Maradona è un evasore. Siamo al punto di partenza. Al Capone fu catturato solo per una questione di tasse. Ma era un bandito, macchiatosi di numerosi delitti. Il Fisco italiano ha fatto di Maradona un bandito. Diego, in un Paese di furbi evasori irrintracciabili, è l’unico evasore “certo”. L’Evasore Unico. La guerra continua.
MIMMO CARRATELLI
m.carratelli@virgilio.it

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