Non sono mai stata anti-juventina, ma uno strano sentimento s’avanza. E non mi sento più provinciale di loro

Non sono mai stata anti-juventina a prescindere, l’ho sempre ritenuto sciocco. Ho sempre pensato che i napoletani anti-juventini a prescindere fossero affetti da manie di persecuzione, complessi di inferiorità e provincialismo, che essere anti-juventini a prescindere volesse dire prestare il fianco: parole, gesti e sentimenti espressi su queste pagine e altrove testimoniano il mio stato […]

Non sono mai stata anti-juventina a prescindere, l’ho sempre ritenuto sciocco. Ho sempre pensato che i napoletani anti-juventini a prescindere fossero affetti da manie di persecuzione, complessi di inferiorità e provincialismo, che essere anti-juventini a prescindere volesse dire prestare il fianco: parole, gesti e sentimenti espressi su queste pagine e altrove testimoniano il mio stato mentale fino ad oggi. Fino ad oggi, appunto. Perché oggi rivendico il sacrosanto diritto di tutti a cambiare idea. E a non arroccarmi più sulla torre della coerenza. È che sono terribilmente stufa di ciò che leggo in giro, dei mezzucci, del comportamento ambiguo degli organi federali in merito alla questione Conte, del discutibile operato arbitrale (un indizio non fa una prova, è vero, ma cento indizi un dubbio te lo insinuano). Stufa di vederli vincere anche quando non se lo meriterebbero. Stufa di leggere che Prandelli sia al di sopra di ogni sospetto, come scrive oggi il Corriere della sera. Nessuno è al di sopra di ogni sospetto, nemmeno tra i nostri. Rivendico la bellezza del Napoli che amo. Quello che suda la maglia, che soffre fino all’ultimo minuto e che vive una singola partita – o almeno dovrebbe – come la battaglia della vita, senza l’aiuto di nessuno, con quel pizzico di cinismo e di fortuna che fanno grandi le grandi squadre. Questa non è la battaglia della vita, per questo Napoli. Vincere o perdere non pregiudica né consolida la nostra forza in campionato: siamo solo all’inizio e i giochi sono assolutamente aperti. Ma sono stanca del tutto è possibile, del giocare con onore al di là del risultato, del fa niente se perdiamo una partita. Fa niente, è vero, ma non questa partita. Forse sono solo stanca di ragionare in grande in una città che ancora si allaga per mezz’ora di pioggia, o dove non si riesce ad assicurare il minimo sindacale alle famiglie dei piccoli cittadini privati del servizio di refezione scolastica. Forse avverto solo la necessità di ridimensionarmi nello spirito, io per prima. E allora, per una volta, mi schiero dalla parte della maggioranza, di quella che vede in questa partita la missione di una vita. Non è una partita come le altre, caro Max, quella in programma sabato alle 18. Sarebbe bello assistere ad un semplice incontro tra 22 giocatori distinti solo dai colori, tra due squadre alla pari, ma Juventus-Napoli non è questo. Ci sono gli arbitri, i poteri forti, le ingiustizie del passato, altre squadre da vendicare, la bufera sulla partita rimandata l’anno scorso, mentre annegava un uomo sotto al diluvio. E c’è Pechino e un’estate rovinata. Mi sono svegliata con una profonda avversione per il bianco e il nero, oggi. Ho tentato di ricacciarne indietro il rigurgito a colazione ma non ci sono riuscita. E allora ho lasciato che questo sentimento sconosciuto venisse fuori. E ho capito che non è male, provarlo. È brutto, forse, opaco, ma terribilmente umano. Non mi sento stupida, né inferiore a nessuno, né più provinciale degli juventini. Non mi sento in colpa, anche se ho azzannato spesso alle caviglie chi ha tentato di mischiarmi, in passato, questa sensazione. Quasi mi piace, anche se non è tracimata ancora del tutto. Sarà una settimana dura, anche per una come me che anti-juventina non è mai stata ma che le circostanze ce l’hanno forse fatta diventare. Ho voglia di vendicarmi. Sì, lo so che è un sentimento che non fa onore, ma è lecito provarlo almeno una volta nella vita. Sono arrabbiata e li vorrei umiliare. Sono cinquant’anni che va avanti questa forma di strano odio tra napoletani e juventini. Dall’anno scorso è un continuo senza sosta. Ci accusano persino di piangere per i sospetti sull’espulsione provocata o meno di Vidal e sull’affaire De Sanctis/Buffon. Ci dipingono come cretini e loro si fanno gli autoritratti da vittime. Stavolta voglio vincere senza esclusione di colpi. Voglio essere infantile. Perché è difficile che il destino si accanisca sempre sulla stessa persona, come la fortuna, ma la Juve è sempre dalla parte del caso e questo non può essere un caso. Stavolta non ha senso dire che deve vincere lo sport. Stavolta dobbiamo proprio vincere noi. Ad ogni costo. Con ogni mezzo. Ne ho bisogno come l’aria. Sono umana anch’io, voi no? Ilaria Puglia

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