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Quel panino con la ricotta che impietosì Vinicio

Che il tifo calcistico possa somigliare alla passione d’amore è testimoniato da un’infinita gamma di sensazioni, impulsi, entusiasmi e dolori che scuotono i pensieri degli amanti-supporters. Questi flash che riportano immagini, azioni di gioco, euforie e malumori già provati e riposti tornano senza richiamo, a loro scelta. E sono scene che riproiettano un gol, un’azione travolgente, una grande parata, un tripudio sugli spalti, l’amarezza per un risultato negativo. Ma ci può essere anche di più: frammenti staccati da momenti lontani. Era l’inizio di giugno del 1957 e per la penultima di campionato a Napoli arrivava il Palermo, impantanato al fondo e prossimo alla B. Gli azzurri navigavano nel centro-basso della classifica, un’annata poco emozionante. Bisognava comunque entrare presto nello stadio del Vomero per trovare un buon posto in curva A, sopraelevata con tubolari e tavole di legno. Così, si saltava il pranzo e si contava su spuntini veloci: le “tavole calde” non mancavano e sul piazzale del campo stazionavano bancarelle rudimentali per vendere merende, da consumare seduta stante. “Facite marenna, facite marenna!” Quel giorno ero con un mio amico, anche lui ancora digiuno. Cominciammo a lanciare sguardi esplorativi sulle esposizioni alimentari che i venditori imbellettavano con fresche-frasche e carte colorate. In offerta, piccole montagne di panini imbottiti, a più non posso, di ricotta morbida e straripante. Pari e dispari, vada per il panino. Ci fermammo a pochi passi dall’ingresso degli spogliatoi, tra le mani quella colazione surreale. Ogni morso provocava la fuoruscita di una piccola lava densa e bianca dal solco che fendeva il pane. Eravamo al secondo morso quando la folla in strada si eccitò, urlando e agitandosi. Proprio dietro di noi gli azzurri, in fila indiana, andavano a piedi verso l’ingresso. Allora si usava ancora così, niente bus gran turismo per le partite casalinghe. Rimanemmo fermi, la bocca piena, e tra le mani quell’incredibile, enorme panino imbottito. Mi voltai e vidi accanto a me Vinicio. Si era fermato e per qualche interminabile secondo guardò la mia colazione con occhi sbarrati,increduli. Fissava quel pezzo di pane imbottito come si può guardare qualcosa di impensabile, incredibile. L’amico mio ebbe un gesto istintivo, che però,richiamato dall’istinto di conservazione, durò pochi secondi .Il tempo di tendere verso ‘o lione, il centravanti super, l’idolo di Napoli, la mano col panino come a dire: «volete favorire?». Vinicio non si scompose, dette un ultimo sguardo e si allontanò aggrottando la fronte: «guarda un po’ che gli tocca fare pur di vedere il Napoli», deve aver pensato in quegli attimi da film muto. Poi si vinse 4 a 1 e Vinicio segnò tutte e quattro le reti. Forse – lo pensammo ma ce lo confessammo solo anni dopo – anche per solidarietà verso di noi…. Mimmo Liguoro

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