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Non mi sento un ingrato se non mi accodo alla retorica del “grazie comunque”

Stanotte era difficile prendere sonno, bisognava riavvolgere tutta la pellicola di 50 anni di passione, identità, appartenenza, sofferenze, entusiasmo, amarezze, gioie, attese e delusioni. Una cascata di emozioni vere, come solo la maglia azzurra è riuscita a risvegliare ogni volta che ci ha regalato una attesa come quella che ha preceduto la partita con il Chelsea.La corsa a braccia alzate di Inler si dissolveva in quel goal di Juliano, del Napoli di Vinicio, che ci illuse al Comunale di Torino, e poi in quello di Bruno Giordano, qualche anno dopo, nello stesso stadio, che ci apriva le porte del paradiso.?L’abbraccio di Diego e Careca nel trionfo di Monaco ed ancora i rigori sbagliati, persino da Lui, in altre amare notti europee. Pensate quanto sono folle, quando è entrato Vargas a pochi minuti dalla fine ho pensato forte: adesso segna il secondo goal e succede il miracolo che annunzia davvero la fine del purgatorio. Uno sconosciuto sudamericano, di piccola statura, con la faccia simpatica ed i lineamenti forti, ci avrebbe unito, di nuovo tutti, in un deflagrante orgasmo emotivo. Invece siamo costretti a metabolizzare una di quelle occasioni fallite che hanno reso negli anni così speciale e riconoscibile il nostro Dna di malati. Inutile girarci attorno, la sconfitta dello Stamford Bridge è una mazzata che sarà difficile smaltire. Tutti questi ringraziamenti mi sembrano più retorici ed autoconsolatori che sinceri, quasi a dover giustificare la delusione e la rabbia che legittimamente ognuno di noi si porta dentro. Mi è sembrata la serata del “vorrei ma non posso” e ci si è accontentati un po’ troppo di esserci comunque arrivati. Non mi sento né ingrato né incontentabile se non riesco a ringraziare solo per questo ed a dimenticare tutto il resto. Un allenatore, ancora una volta, prigioniero delle sue convinzioni e incapace di adeguarsi alla evidenza del campo da gioco, forse complice o vittima di un gruppo di senatori inamovibili anche se a volte inguardabili. I nostri tenori, che l’intelligente ironia di Trombetti ha definito, con tutto il rispetto per la tenacia e la grinta del solo Cavani, persino generosamente, come inadeguati neo-melodici. Ma pensiamo davvero che i napoletani volati a Londra dovrebbero essere riconoscenti per aver visto da vicino lo stadio del Chelsea? Neanche avessimo varcato i cancelli del mitico Wembley, non siamo così provinciali. Incredibile, ma vero, l’unica nota lieta della serata sono le dichiarazioni di De Laurentis che ha strigliato con eleganza il conservatore Mazzarri, ricordandogli che dovrebbe gestire diversamente la rosa dei suoi calciatori, soprattutto quando chi gioca non riesce ad offrire prestazioni adeguate. Evitando, peraltro, di dirgli che con la metà dei soldi che sedevano in panchina, e che pure qualcuno gli ha fatto spendere, si poteva comprare un difensore che forse avrebbe annichilito lo sleale Drogba. Solo un suggerimento Presidente, non si innamori troppo del modello di impianto privato, un po’ centro commerciale, come lo Stamford Bridge, per lo meno se ha voglia di confrontarsi veramente con la città sulla questione nuovo stadio. Chi torna da Londra lo racconta come oppressivo ed inospitale, anche se comodo, luminoso e patinato. Gestito da un esercito di steward selezionati, più violenti e scostumati che efficienti ed affidabili. Già lo so, tra un po’ saremo tutti davanti alla tv per vedere con chi sarà accoppiato il Chelsea nel prossimo turno di Champions, e continuiamo a farci del male… Claudio Botti

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