Siamo troppo italiani per le Olimpiadi

Io me lo ricordo Renzo Ulivieri quando arrivò a Napoli. L’allenatore in seconda era un certo Walter Mazzarri. Ma questo poco importa. Eravamo andati dritti dritti in serie B in uno degli anni più neri della nostra storia, cambiando non ricordo più quanti allenatori: da Mutti a Mazzone, a Galeone a Montefusco. Arrivò Uliveri, dunque, […]

Io me lo ricordo Renzo Ulivieri quando arrivò a Napoli. L’allenatore in seconda era un certo Walter Mazzarri. Ma questo poco importa. Eravamo andati dritti dritti in serie B in uno degli anni più neri della nostra storia, cambiando non ricordo più quanti allenatori: da Mutti a Mazzone, a Galeone a Montefusco. Arrivò Uliveri, dunque, reduce da fortunate stagioni a Bologna dove potè contare anche su un certo Roberto Baggio. Arrivò e disse: «Siamo tutti di serie B, mettiamocelo e mettetevelo in testa. Questa è una città di serie B, io sono un allenatore di serie B, voi siete giornalisti di serie B». Finì che soprattutto il suo gioco si rivelò di serie B e ricordo con i brividi un centravanti di serie B, Murgita. Ma il punto non è questo.
È che oggi, in posizione di stragrande minoranza, ho avvertito sulla mia pelle questa sensazione prendendo atto della decisione del governo Monti di non concorrere nemmeno all’eventuale assegnazione dei giochi olimpici del 2020. Le motivazioni sono finanche plausibili, almeno in linea col mandato ricevuto che è quello di risanare i conti. Ma quel che mi ha sconcertato e di cui vorrei discutere non è stata tanto la decisione politica quanto le reazioni lette un po’ ovunque: dai social network ai siti, ai giornali on line. Una scelta, quella del presidente del consiglio, decisamente popolare: gli italiani sono con lui perché un’eventuale Olimpiade avrebbe significato, per dirla nei loro termini, il classico magna magna dei soliti noti. Insomma, abbiamo radicato fin nelle nostre ossa il principio che non siamo in grado di creare sviluppo, nemmeno di provarci. Che una simile occasione è più giusto perderla che trovarla, perché tanto sappiamo già come finirà (e in effetti Italia 90 insegna). Con opere mai concluse, indagini della magistratura, appalti gonfiati, corruzione e sperpero di denaro pubblico.
Abbiamo questa idea dell’Italia (e di noi stessi, dunque). Probabilmente giusta, per carità. Nessuno, o pochissimi, ha immaginato nemmeno per un momento che forse stavolta avremmo potuto dimostrare che siamo anche altro. Niente. Rassegnati al peggio, senza un briciolo di prospettiva. Direbbe Ulivieri che siamo finalmente consapevoli di essere una nazione di serie B.
Massimiliano Gallo

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