Quel coro per il Pocho è stato come la musichetta della Champions

Ieri alla partita ci sono andata pensando ininterrottamente al 15 maggio di un anno fa: Napoli-Inter 1-1 e accesso diretto alla Champions dopo ventun anni. Ho guardato Zuniga sperando ripetesse il miracolo, solo perché mi piacciono i corsi e ricorsi, oltre al fatto che quel gol nella mia flebile memoria calcistica non passerà mai. Mi […]

Ieri alla partita ci sono andata pensando ininterrottamente al 15 maggio di un anno fa: Napoli-Inter 1-1 e accesso diretto alla Champions dopo ventun anni. Ho guardato Zuniga sperando ripetesse il miracolo, solo perché mi piacciono i corsi e ricorsi, oltre al fatto che quel gol nella mia flebile memoria calcistica non passerà mai. Mi sono tornate davanti tutte le immagini di quel secondo tempo dal sapore di biscotto inzuppato nel latte e quelle della festa dopo, i brividi sulla pelle al pensiero che eravamo tornati in Europa. Un po’ come mi è successo in Coppa Italia quando pensavo solo a vendicare l’oltraggio dei rigori dell’anno prima. E invece questa resterà per sempre la partita del Pocho. Anzi, del coro per il Pocho. Sì, certo, il bel gioco, la crescita straordinaria di Inler, che ieri sembrava essere tornato quello che ci piaceva tanto guardare vestito dei colori dell’Udinese, Dzemaili che nel ruolo di Hamsik ha fatto un partitone che riscatta tutte le volte che ho imprecato a vederlo scaldare a bordocampo, ma il gol del Pocho è stato il gol della volontà, della grinta, più del terzo gol “inutile” (perché avevamo già vinto) contro la Fiorentina. Non so cosa sia capitato a Lavezzi, se sia davvero merito del figlio o se sia semplicemente cresciuto, ma il fatto che ci abbia regalato la straordinaria vittoria contro il Chelsea e l’affondamento dell’Inter di Ranieri me lo fa guardare da un’ottica tutta particolare. Ma è il coro che mi ha lasciata stupefatta. L’abbiamo intonato tutti. Non ricordo chi per primo, ma in quel coro c’erano tutte le nostre voci. E lo abbiamo urlato mentre battevamo le mani e ci muovevamo sui sediolini, mentre eravamo presi dalla frenesia di alzarci in piedi anche in Tribuna, perché dopo un gol così era quasi impossibile restare seduti. Come un’arena di gladiatori. Un coro unico e spettacolare. Non prendetemi per pazza ma a me è sembrato emozionante quanto la musichetta della Champions. Ne avevamo un dannatissimo bisogno. Non solo del gol, ma di sentirci tutti uniti ancora una volta. E di azzannare alle caviglie in campionato. Un momento altissimo in un coro da stadio. A volte basta poco per far tornare la poesia. E Forza Napoli. Sempre. Ilaria Puglia

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