Non ci casco, per me il calcio rimane ancora un gioco

E’ da un po’ di tempo che non scrivo pezzi per il Napolista, anzi a dirla tutta e’ un po’ di tempo che non leggo il Napolista. Sara’ il lavoro, sara’ la situazione politica, sara’ che non s’e’ giocato per due settimane e passa e ho perso il ritmo. Oppure sara’ perché il sabato pomeriggio […]

E’ da un po’ di tempo che non scrivo pezzi per il Napolista, anzi a dirla tutta e’ un po’ di tempo che non leggo il Napolista. Sara’ il lavoro, sara’ la situazione politica, sara’ che non s’e’ giocato per due settimane e passa e ho perso il ritmo. Oppure sara’ perché il sabato pomeriggio accompagno il mio bambino in giro per la Martesana sui campetti degli oratori. E sara’ che il mio pargolo da qualche settimana ha scoperto una inaspettata vena per il goal. Finora aveva dato il meglio di se’ in difesa e centrocampo, se hanno senso questi ruoli nelle partite a cinque dei pulcini del 2003. Comunque testa alta, anticipo, buon tempo degli interventi, anche in scivolata, le prime diagonali, i passaggi filtranti a lanciare in area i suoi compagni. Poi un due/tre settimane fa ha cacciato letteralmente un coniglio dal cappello. Praticamente sulla linea di fondo ha scaraventato un missile terra-aria che s’e’ stampato sotto la traversa ed e’ finito in rete. Ieri poi addirittura una doppietta, la prima, con un primo goal di pregevole fattura, come si suol dire. Spalle alla porte si gira e insacca di diagonale. Ho urlato come se avesse segnato Cavani. Alla doppietta quasi stavo piangendo dalla gioia. E quando s’e’ mangiato il terzo goal solo davanti al portiere ho urlato un No! che s’e’ sentito fino in Val Brembana.
E qui devo fare una confessione. Io non sono un abbonato dal 74, anzi io non mi sono mai abbonato. Allo stadio ci sarò andato pochissime volte. Del resto centellinavo persino il cinema, e quei pochi soldi che avevo li sprecavo in libri e viaggi, il tempo in volontariato. Non che il Napoli non fosse già una fissa allora, anzi. Tuttavia sopperivo con la radio e il Mattino del lunedì mattina. E le chiacchiere con gli amici, ovviamente. Tuttavia nemmanco negli anni più bui ho odiato Naldi o Corbelli, ne’ perdevo il sonno per gente come Prunier, che il San Paolo – ma anche un qualsiasi rettangolo di gioco – non avrebbe neanche dovuto vederlo col binocolo, figurarsi giocarci, poi. Non che non mi intossicassi durante i 90 minuti sia chiaro. Pero’ non trasudavo certo il livore che trasuda dai 10mila e passa forum di calcio su internet, e che ormai ha contagiato anche il Napolista.  La logica del “meritiamo di più” mi sfugge, anzi mi e’ aliena. Forse perché non ho bisogno di riscattarmi tramite il pallone, forse perché mi ricordo, che a dispetto di tutto e di tutti, il calcio e’ ancora un gioco. O almeno mi illudo, mi voglio illudere che lo sia. E allora tutto sommato preferisco stare sugli spalti di un campetto di periferia, con gli altri genitori dei compagni di mio figlio, a urlare e incitare i bambini, anche quando stanno perdendo 12 a 7 a 5 minuti dalla fine. E alla fine della partita vedere mio figlio – sconfitto ma non vinto- con gli occhi raggianti dirmi: “Pero’ e’ stata una partita emozionante vero?”
di Eugenio Angelillo

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