Il pari non va giù, con la Juve è sempre cartello

Lo ammetto. Il pareggio di domenica sera non mi è andato giù. Ho visto la partita con un trasporto degno di una finale di Champions perché a Torino contro la Juve volevo vincere. Intendiamoci, onore e gloria ai ragazzi che, pur non essendo la squadra dei titolarissimi, hanno giocato bene e con grande impegno, a […]

Lo ammetto. Il pareggio di domenica sera non mi è andato giù.
Ho visto la partita con un trasporto degno di una finale di Champions perché a Torino contro la Juve volevo vincere.
Intendiamoci, onore e gloria ai ragazzi che, pur non essendo la squadra dei titolarissimi, hanno giocato bene e con grande impegno, a partire dal giovane Maiello per finire al vecchio Lucarelli, e che con un po’ di cattiveria in più potevano tranquillamente uscire vittoriosi da Torino.
Lo so che la partita non aveva interessi, che il nostro campionato era già finito e che il clima era da rompete le righe.
Era così, legittimamente, anche per tanti Napolisti, dalla Puglia a Pedersoli a Max Gallo che c’è l’hanno ricordato attraverso i loro pezzi.
Insomma, giustamente Juve-Napoli quest’anno era una partita solo per marcare il cartellino di presenza.
E invece per me Juve Napoli è sempre una partita di cartello a prescindere dal valore della posta in palio, non solo perché le mie prime lacrime di dolore sugli spalti del S. Paolo per la maglia azzurra sono state proprio contro la Juve nel ‘74 con il Napoli di Vinicio in quel maledetto 2 a 6, ma perché appartengo a quella generazione di tifosi azzurri che per età anagrafica considera la Juve la rivale storica per antonomasia.
Perché per noi, infatti, la Juve è stata sempre l’arroganza del potere, perché vincere a Torino ha sempre rappresentato anche un riscatto sociale e perché il divario tra il Nord e il Sud… insomma è sempre stata una sfida che andava al di là del rettangolo di gioco.
Perché per noi, quello che sotto la Mole Antonelliana si definiva stile Juventus non era altro che un sistema che la vedeva agire sulle leve del potere per avere vantaggi dentro e fuori dal rettangolo di gioco.
Lo so, rischio di essere e apparire provinciale: ognuno ha le sue debolezze e le sue contraddizioni ma l’importante è avere l’intelligenza di riconoscerlo ed io, in questo caso, ammetto le mie.
Quel genio di Woody Allen sostiene che “il sesso senza amore è vuoto ma tra tutti i vuoti è uno dei migliori”; ecco, Juve-Napoli di quest’anno, seppur resa dalle circostanze di classifica una partita vuota, tra tutte quelle senza significato, sarebbe stata la migliore se fosse stata vinta.
Ultima considerazione: sono uno di quelli che ama il romanticismo del calcio che purtroppo oggi è sempre più merce rara, che si commuove per la passione per la maglia e che ama quei giocatori che sanno trasmettere questi valori.
Cristiano Lucarelli è sicuramente uno di questi e non a caso mi è sempre piaciuto non solo come calciatore ma anche come uomo, basta leggere la sua biografia “Tenetevi il Miliardo” scritta da Carlo Pallavicino.
Confesso che le sue dichiarazioni del post-partita “sono pronto a firmare in bianco pur di rimanere a Napoli per ricambiare l’affetto che mi hanno dato i tifosi pur avendo potuto dare poco o niente quest’anno” mi hanno confermato il giudizio che avevo e mi hanno anche un po’ commosso come tifoso.
Mi auguro che la società prenda seriamente in considerazione il suo appello-auspicio e possa confermarlo anche per il prossimo anno in cui sicuramente potrà dare un contributo fondamentale, più che in campo,  allo spogliatoio e a tutto l’ambiente.

PEPPE NAPOLITANO

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