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Quando i napoletani invasero Parma

Nella freschissima memoria visiva, i due gol eccellenti di Cavani al Parma si replicano a breve distanza di tempo. Immagini che portano sollievo e vibrazioni positive, dopo quelle provenienti dalla notte attossicata di Liverpool. Onde elettriche più noiose vengono dal film vissuto sulle gradinate, con riflessi e sensazioni complesse e disturbanti. Quei parmigiani d’improvviso sistemati in tribuna, i cori irridenti, la possibilità di complicazioni. E le reazioni, di segno diverso, come nuvolette scure in un cielo che reclami l’azzurro totale. Così, un impulso a cancellare ogni sensazione non serena ci porta a un Parma-Napoli che si giocò il 20 giugno del ’65. E qui la data non è un orpello superfluo. In quel giorno, il Napoli tornò in serie A, dopo una sosta in purgatorio. Le cronache del lunedì descrissero l’invasione pacifica di almeno diecimila napoletani saliti al nord. Un’onda pacifica e gioiosa di gente in festa per salutare il secondo posto, alle spalle del Brescia, che valeva l’approdo nella serie maggiore. Era il Napoli di Roberto Fiore, presidente dopo l’epoca di Lauro. Allenatore, Bruno Pesaola. Esaurita la sua carriera di calciatore, il “petisso” era ripartito da allenatore, con una onorata gavetta alla guida della Scafatese, prima d’esser chiamato a curarsi del Napoli, che quel giorno a Parma arrivò con Bandoni tra i pali; Adorni e Gatti come terzini; Ronzon libero, con Panzanato ed Emoli in mediana. Juliano gran regista, Spanio mezz’ala e Bean con Canè di punta. E furono gli ultimi due a firmare la vittoria: due reti Canè, una Gastone Bean. Per il campionato seguente, sarebbero arrivati Sivori e Altafini e il Napoli avrebbe vissuto una delle sue stagioni memorabili. Ma in quella sera estiva si festeggiava la squadra tornata a respirare aria migliore. E mentre a Parma le schiere del tifo vesuviano davano spettacolo nello stadio, a Napoli i festeggiamenti esplosero per le vie della città, in ogni quartiere, quasi a prefiguare altri estusiasmi negli anni successivi. Ma nessuno poteva saperlo. Maradona aveva cinque anni. Mimmo Liguoro

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