Troppa astinenza, poi l’1-1

Più che il pareggio (che poi ci frutta un bellissimo posto in classifica) quello che mi lascia l’amaro in bocca è tutta l’attesa che l’ha preceduto: due lunghissime settimane senza il Napoli non si possono davvero sostenere. Sono stati giorni, i miei, pieni di grane, noie, grattacapi, analisi logiche e grammaticali, persino mediche, che non […]

Più che il pareggio (che poi ci frutta un bellissimo posto in classifica) quello che mi lascia l’amaro in bocca è tutta l’attesa che l’ha preceduto: due lunghissime settimane senza il Napoli non si possono davvero sostenere. Sono stati giorni, i miei, pieni di grane, noie, grattacapi, analisi logiche e grammaticali, persino mediche, che non hanno certo giovato al mio umore, né al mio portafogli, né alla salubrità dell’aria della mia rubrica, che cerco sempre di tenere pulita, fresca ed arieggiata. E dopo due settimane così certo non puoi aspettarti una stratosferica partita, né qualcosa di indimenticabile perché non ci sei preparata, non sei concentrata abbastanza.
Probabilmente la cosa migliore che potesse capitare era il pareggio. Si ricomincia da qui. È un po’ come quando si rieduca il corpo all’attività fisica dopo un lungo periodo di riposo: si va a piccoli passi, che l’acido lattico nelle ginocchia fa male. Sarà lo stesso da oggi fino al Milan. Per fortuna, infatti (io non sono della scuola gallesca che rifiuta le partite ogni tre giorni), nei prossimi otto giorni avremo ben due partite, tra l’altro in casa, anche se allo stadio andrò solo per il Milan (il Liverpool, ahimè, mi fa troppa paura).
Da oggi si parte di nuovo, a passettini, balzetti, saltelli sul posto e pratiche di riscaldamento. L’unico modo giusto per carburare: rallentare un po’. Mi è sembrato tutto ovattato, oggi, nel guardare la partita, che tra l’altro mi aspettavo già sarebbe finita con un pari, dato che secondo me il Catania era l’avversaria più ostica delle tre, quella sicuramente più insidiosa e non parlo solo di risultato ma anche di ordine in campo, di morale, di squadra. Alla fine è andata bene: il lungo riposo non ci ha scompaginati e Cavani è sempre Cavani. Nessuno si è dimenticato come si gioca a pallone, nonostante le solite lacune e la fallibilità del Matador (e meno male che è umano, perché di extraterrestri, in giro, ce n’è fin troppi), Mazzarri sanguigno come al solito e De Sanctis che si è ripreso dalle incertezze delle scorse partite. Ma sì, da domani si riparte, per di più con la soddisfazione del punto siciliano: lasciamoci alle spalle la “saudade”. E speriamo solo che non piova più.
Ilaria Puglia

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