Non mi portano allo stadio

Da sempre io sono quella dell’ultima volta: l’ultima nuotata prima della fine dell’estate, l’ultimo caffè nel mio bar preferito prima di ritornare a casa dopo un viaggio, l’ultima volta per un incontro importante, l’ultima volta della trapunta invernale prima del cambio stagione. È che sono fatta così: mi piace assaporare, sapere che quella, esattamente quella, […]

Da sempre io sono quella dell’ultima volta: l’ultima nuotata prima della fine dell’estate, l’ultimo caffè nel mio bar preferito prima di ritornare a casa dopo un viaggio, l’ultima volta per un incontro importante, l’ultima volta della trapunta invernale prima del cambio stagione. È che sono fatta così: mi piace assaporare, sapere che quella, esattamente quella, sarà l’ultima volta che potrò godere della cosa che in quel momento mi piace, mi riempie la vita, mi fa sentire viva. Come se avessi bisogno di memorizzare, di fare una scorpacciata prima dei tempi di magra. Ecco perché, oggi, sono così delusa.
Quest’anno allo stadio ci sono sempre andata gratis. Sì, sono tra le fortunate a cui regalano i biglietti per la partita. E pure in settori privilegiati, eh, mica in curva. Il peggio che mi sia capitato sono stati i Distinti, il meglio la Tribuna Posillipo, l’ultima volta che ci sono stata. Ma, appunto, non sapevo sarebbe stata l’ultima…
E così ho vissuto tutta l’ultima settimana nell’attesa di stringere per l’ultima volta tra le mani i biglietti per l’ultima partita del Napoli in casa. Ho goduto come una matta, ieri, quando ho visto che, da previsioni, il tempo sulla città, domani, sarebbe stato perfetto per indossare la mia magliettina preferita azzurra, in onore dell’ultima volta stagionale allo stadio. E già pregustavo le coreografie, gli applausi finali alla squadra, il saluto ai calciatori che fanno il giro del campo, il saluto alle gradinate, persino ai tornelli. Ma, poco fa, il bagno freddo, la doccia ghiacciata: domani, per me, niente biglietti.
Mio marito, che ha risposto alla tragica telefonata, non ha fatto una piega “dai, era solo l’Atalanta”, ma per me avrebbe potuto essere anche una squadra amatoriale di salumieri calciatori, non avrebbe fatto alcuna differenza: era la mia ultima volta, appunto, almeno per quest’anno. Ma io, che non mi scoraggio mai, gli ho candidamente proposto di acquistarli, i biglietti, magari anche rinunciando ad una parte del mio regalo di compleanno, ormai vicinissimo. Ma lui no, l’uomo, quello che dovrebbe essere, per antonomasia, quello che “la domenica ti lascia sempre sola per andare a vedere la partita” ha detto “dai, che ce la vediamo a casa, tifiamo da qui”.
Ecco qua: domani altro che azzurro, mi vestirò di nero. Altro che ultima, sarà la mia penultima volta davanti alla televisione, aspettando l’ultima giornata, quella sì, di campionato. Mio marito, al quale ho annunciato questo pezzo e il tenore che avrebbe avuto, mi ha promesso commenti di fuoco accusandomi di illecito, insubordinazione, di essere esagerata (cosa, peraltro, di cui sono sempre andata molto fiera: sì, sono esagerata in tutto e me ne vanto). Ma io dico: tu, uomo, marito, hai avuto in sorte una moglie tifosa, tifosissima, una che del Napoli fa una fede, una ragione di vita per una domenica che altrimenti non le è mai piaciuta, una forza della natura, un terno al lotto e questo è il ringraziamento? Secondo me, tesoro, qui ci sono tutti gli estremi per una separazione, ci sono… e da domani a pane e acqua ti metto, carino…
Ilaria Puglia

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