L’odore del sesso nei Distinti

Quello che mi emoziona è il silenzio. Il silenzio prima e durante la partita. Questo quando la partita la vedi da casa. Allo stadio no, è tutto diverso. Senti l’adrenalina scorrere nei sedili, la senti nella musica che imperversa dagli altoparlanti (pezzotti ma orgogliosi, bastanti, come tutto quello che c’è in questa dannatissima città), la […]

Napoli-Empoli

Quello che mi emoziona è il silenzio. Il silenzio prima e durante la partita. Questo quando la partita la vedi da casa. Allo stadio no, è tutto diverso. Senti l’adrenalina scorrere nei sedili, la senti nella musica che imperversa dagli altoparlanti (pezzotti ma orgogliosi, bastanti, come tutto quello che c’è in questa dannatissima città), la assapori nel panino che ti sei portata da casa e che addenti almeno mezz’ora prima del calcio d’inizio perché sai che, dopo, ti si chiuderà lo stomaco.

Il calcio è un po’ come un rapporto d’amore, come l’amore della tua vita, con la differenza che, anche quando ti delude, la tua squadra del cuore resta la tua squadra del cuore e che, quando vince, il sapore è tanto più dolce del sapore di un bacio d’amore. Perché si sa, i riti collettivi servono a questo, quasi una catarsi. E allora il (Napoli)calcio ti eleva, ti fa sentire grande, parte di un disegno più alto, parte di quell’umanità che il lunedì mattina non esiterebbe a spezzarti i reni con un colpo di crick per accaparrarsi il tuo posto auto, ma che in quella domenica, in quella sola domenica, è tua sorella di sangue.

Il momento del riscaldamento delle squadre in campo, prima dell’inizio della partita, è come quando due amanti si incontrano per la prima volta: ci si annusa, ci si misura, ci si intimorisce, anche, tanto per stabilire i rapporti di forza, anche se poi, nel corso dei novanta minuti seguenti, quei rapporti potranno capovolgersi e capovolgersi ancora, come le evoluzioni di due corpi nel rapporto sessuale. Perché il calcio è come il sesso. Ti appaga, ti travolge, ti fa dimenticare che fuori da quello stadio c’è un mondo mediocre, una città ripiegata su se stessa, che non sale la china, ma che, anzi, continua a discenderla.

Una città senza speranze, mortificata da troppo tempo per ritrovare la forza e l’energia per alzare la testa e mandare tutto e tutti con il culo all’aria. Una città che vive e si lascia vivere, tutti i giorni, tranne di domenica. Quando finisce il riscaldamento e le squadre tornano negli spogliatoi tu vorresti fermare il tempo, perché sai che in realtà è l’attesa la parte più bella, proprio come in una storia d’amore la parte più bella è il corteggiamento. Poi tutti in campo. Poi di nuovo il silenzio, anche allo stadio, tranne l’urlo del tifoso isolato e il clamore dei cori organizzati, ma quelli, si sa, fanno parte della musicalità del silenzio. Poi l’arbitro fischia e inizia la grande storia, la magia. Teng’o’ cor’ int’e’ cazette, come dire teng’o’ cor’ int’o zuccher’. Ma è meglio, molto meglio poterlo avere in undici diverse paia di calzini.

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