Quale sportività, il tifoso vuole l’omertà

Antonio Patierno lo considero un padre nobile del Napolista e, per certi versi, un affettuoso genitore che segue questo sito con grande entusiasmo e ogni tanto, alla sua maniera, la maniera di un gentiluomo, mi invita alla saggezza e alla moderazione dei toni senza mai farmelo pesare. Non gliel’ho mai detto, ma l’ho sempre apprezzato. […]

Antonio Patierno lo considero un padre nobile del Napolista e, per certi versi, un affettuoso genitore che segue questo sito con grande entusiasmo e ogni tanto, alla sua maniera, la maniera di un gentiluomo, mi invita alla saggezza e alla moderazione dei toni senza mai farmelo pesare. Non gliel’ho mai detto, ma l’ho sempre apprezzato. Mi fermo qui altrimenti parlerei di Patierno per righe e righe.E allora, certo che sì, certo che il premio Napolista alla sportività è una grandissima idea. Come non essere d’accordo. E come, però, non rimanere colpiti dal dibattito che si è poi aperto su Di Natale, solo perché lui, a differenza dell’innominabile, alla Juventus non ci è andato. Insomma viene da sorridere, per non dire altro. Certo, Borgonovo mette tutti d’accordo ma, perdonatemi, la sportività con la malattia di Borgonovo a mio avviso ha poco a che vedere. E poi avreste suggerito ugualmente il suo nome se avesse dichiarato che tifa Milan per lo scudetto?
Il punto è un altro: siamo pronti per assegnare un premio alla sportività? No, secondo me no. Ne siamo lontani anni luce. Quel che ho capito in quest’anno di Napolista è che il tifoso, anche il napolista, critica tanto i giornalisti e la loro presunta partigianeria, ma poi ama l’omertà come nessun altro. Il tifoso se ne frega della verità (ammesso che esista, e per me non esiste), ma comunque vuole leggere quel che gli aggrada. Il resto sono solo chiacchiere messe in giro per mettere i bastoni tra le ruote alla propria squadra del cuore. In questo caso il Napoli. Un discorso per me profondamente triste.
Ecco, posso dire che per il premio sportività non suggerirei il nome di Marco Di Vaio. Ho aspettato venerdì, mi sono detto che prima o poi qualcuno lo avrebbe scritto. Ma nessuno lo ha fatto. Eravamo in tanti a Bologna, in quindicimila, possibile che nessuno si sia accorto del coro partito dalla nostra curva al secondo gol mangiato dal buon Marco? “Uno di noi, Di Vaio, uno di noi… uno di noi”. Ci siamo guardati tutti in faccia in curva. Per non parlare della smanacciata di Viviano per Mascara, entrata nella classifica degli assist. Figuriamoci, come ha scritto Marcello Giannatiempo, verso la fine del campionato di stranezze se ne vedono, e in genere conta chi ha più stimoli. Nulla da dire, per carità. Ma lunedì Repubblica Bologna dedicava pagina 2 e 3 all’argomento. Nessuno a Napoli ha scritto una parola.
Così come nessuno – tranne noi – ha riportato le dichiarazioni di Aurelio in treno. Eppure tutti le sapevano. Così come ci scrissero di tutto quando scrivemmo della lite Quagliarella-Lavezzi, puntualmente confermata dalla cessione di Fabio. Ma c’è un doppio livello, quello che sai e quello che puoi divulgare. O anche, e forse la dicitura è più corretta, quel che i lettori vogliono. Perché in fondo i tifosi vogliono quel che viene loro propinato. E nulla più.
Mi viene in mente l’immenso Carmelo Bene. E capisco quando lui si battè – non mi ricordo se li convinse o meno – con i responsabili della Biennale per finanziare un suo spettacolo a porte chiuse. «Tanto il pubblico non capirebbe», disse. Me la ricordo la sua casa a Otranto. Sarebbe stato bello poter ospitare un suo articolo qui sul Napolista. Nella speranza che non finisse insultato in quanto milanista.
Massimiliano Gallo

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