Anche i Village People sono diventati trumpiani, lo scontro con Trump è ormai acqua passata

Riferimento dei Lgbtq+, all'inizio ebbero una controversa relazione col Presidente. Gli vietarono l'uso delle loro canzoni. Poi hanno capito che la presidenziale Ymca dance avrebbe allungato la vita del gruppo

Village People

WASHINGTON, DC - DECEMBER 05: U.S. President Donald Trump dances to the final performance of the Village People during the FIFA World Cup 2026 Official Draw at John F. Kennedy Center for the Performing Arts on December 05, 2025 in Washington, DC. Mandel NGAN - Pool/Getty Images/AFP POOL / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP

È raro che un gruppo nato negli anni Settanta riesca a restare così saldamente nel cuore dell’immaginario popolare. Ancora più raro è che riesca a farlo attraversando decenni, mode, contesti sociali e politici tanto diversi. Eppure i Village People — con i loro costumi iconici e un repertorio diventato colonna sonora globale — continuano a essere una delle formazioni più riconoscibili della musica internazionale. La loro storia è un viaggio che parte dal Greenwich Village e finisce sui palchi più impensabili del mondo: dagli stadi sportivi ai festival jazz, dalle inaugurazioni politiche fino al sorteggio di una Coppa del Mondo. Un percorso sorprendente che, negli ultimi anni, si è intrecciato anche con la figura di Donald Trump, con cui hanno sviluppato un rapporto tanto discusso quanto strategico.

Dalle notti di New York all’olimpo pop dei Village People

Il progetto dei Village People nasce nel 1977 dall’intuizione dei produttori francesi Jacques Morali e Henri Belolo, affascinati dall’energia dei club newyorkesi e dal clima creativo del Greenwich Village. Con Victor Willis come voce principale, il gruppo assume presto la forma che lo renderà immortale: sei personaggi stereotipati della mascolinità americana — il poliziotto, il cowboy, il motociclista, il soldato, l’operaio, il pellerossa — interpretati con ironia, libertà e un’estetica apertamente ispirata alla cultura gay dell’epoca. Il successo arriva in modo travolgente: “Y.M.C.A.”, “Macho Man”, “In the Navy”, “Go West” diventano inni globali, capaci di attraversare confini e generazioni. Negli anni Ottanta e Novanta il gruppo cambia più volte formazione, ma l’identità resta intatta: quella di una macchina da spettacolo irresistibile che trasforma il palco in una festa.

Quella dei Village People una carriera che non conosce confini

C’è un elemento chiave che distingue i Village People da tante altre icone disco: la loro straordinaria capacità di adattarsi ai tempi. Non sono rimasti intrappolati nella nostalgia degli anni Settanta: hanno continuato a esibirsi, a reinventarsi e a trovare nuovi pubblici. Lo hanno fatto ovunque: Negli stadi — come in Australia, davanti a oltre 40 mila spettatori prima di una storica finale rugby — nelle grandi arene internazionali, nelle televisioni di mezzo mondo, ma anche nei festival musicali più raffinati. Nel 2025 sono tornati in Italia aprendo un festival estivo a Carrara, e qualche settimana dopo hanno suonato a Palermo insieme a una grande orchestra jazz, in un esperimento che ha fuso disco music e arrangiamenti sinfonici. Pochi gruppi possono vantare una tale trasversalità: dai club alla cultura pop, dal mainstream allo spettacolo televisivo, fino agli eventi ufficiali di Stati e federazioni internazionali.

Il rapporto con Donald Trump: dalle tensioni all’alleanza

Se c’è un capitolo inatteso nella storia recente dei Village People, è quello che li lega a Donald Trump. Una relazione complessa, controversa, ma significativa. Per anni il gruppo aveva espresso insofferenza per l’uso non autorizzato dei loro brani ai comizi del tycoon. “Y.M.C.A.” era diventata quasi un marchio sonoro delle sue campagne, creando imbarazzo tra i membri storici e irritazione tra molti fan, soprattutto nella comunità LGBTQ+. Poi, tra il 2024 e il 2025, arriva la svolta: Victor Willis annuncia ufficialmente che la band si esibirà agli eventi dell’insediamento presidenziale. Una decisione che infiamma il dibattito. Ma anche un cambio di strategia ben ponderato.

Perché questo riavvicinamento?

Pragmatismo musicale: la musica, sostiene Willis, “non ha colore politico”. Partecipare a un’inaugurazione presidenziale significa visibilità, prestigio e un’enorme platea. Ritorno di popolarità: l’uso insistito di “Y.M.C.A.” ai comizi aveva riportato il brano — e la band — al centro dell’attenzione mediatica mondiale. Controllo dei diritti: la gestione più diretta delle licenze ha reso economicamente favorevole concedere l’uso dei brani e partecipare agli eventi ufficiali.

La partecipazione all’insediamento, però, non resta un episodio isolato.

Il clou: l’esibizione al sorteggio della Coppa del Mondo

Il momento più sorprendente arriva nel dicembre 2025, quando i Village People vengono chiamati a chiudere la cerimonia del sorteggio della Coppa del Mondo 2026, a Washington. Sul palco del Kennedy Center, davanti a capi di Stato, stelle dello sport e rappresentanti Fifa, eseguono “Y.M.C.A.” mentre Donald Trump — ospite d’onore e premiato con un riconoscimento alla carriera politica — si lascia andare alla suo ormai celebre “Ymca dance”, tra il divertito e il compiaciuto. Le immagini fanno il giro del mondo: musica pop, politica, sport globale si fondono in un unico spettacolo mediatico. Ed è il segno più evidente di come i Village People, volenti o nolenti, siano diventati parte della narrazione trumpiana — e viceversa.

 

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