Pisacane sulla pausa di Conte: «La verità sta nel centro sportivo e nessuno può varcare quella porta»

Al Corsport :«Ho visto la morte, ma la malattia è venuta per completarmi mica per ammazzarmi»

Cagliari

As Napoli 30/08/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Cagliari / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: Fabio Pisacane

Fabio Pisacane, oggi allenatore del Cagliari in Serie A, racconta al Corriere dello Sport la sua vita tra passato e presente: dalle sfide superate da calciatore alla malattia che lo ha segnato a 14 anni, fino alla guida della sua squadra in Sardegna.

Le parole di Pisacane

Il 28 gennaio 2026 compirà 40 anni. I suoi primi 40 anni.

«Importante, sì. Ma parto da un principio: festeggerò 26 anni perché nel 2001, dopo la malattia al sistema nervoso, sono rinato la seconda volta».»

Sindrome di Guillain-Barré, anni 14, periodo genovese, al Genoa.

«Ero al top, nel meglio, uno scugnizzo vicino al sogno di fare il calciatore. E all’improvviso, paralizzato e in coma. Ho visto la morte, ma la malattia è venuta per completarmi mica per ammazzarmi. Mi ha fatto uomo e guerriero, mi ha responsabilizzato, formato e privato delle classiche ansie e pressioni adolescenziali, insegnandomi subito i valori che oggi provo a trasferire ai miei figli quando piangono o si deprimono per un gol sbagliato a calcetto o un brutto voto a scuola. Cose inutili».»

Sabato, dopo la sosta, sfiderà proprio il Genoa a Cagliari.

«Un tasto sentimentale, una partita particolare: all’ospedale San Paolo di Savona devo tutto, è dal Genoa che sono partito ed è a Marassi che ho giocato la mia centesima in A. È contro la Samp, a Genova, che ho guidato per la prima volta la Primavera del Cagliari da allenatore di ruolo. In quella città ho imparato tanto: i primi sogni, la forza del leone quando arrivai da una scuola calcio di Napoli, il dolore. C’è tanto dentro. Oggi la vivo con più equilibrio».»

La sua è un’esistenza piena di coincidenze. Cenni del destino.

«Ho avuto l’onore immenso di segnare l’ultimo gol al glorioso Sant’Elia: il primo Gigi Riva, l’ultimo io… Vi rendete conto? Anche la mia carriera è iniziata per un dettaglio e un uomo: Carmine Tascone mi cambiò ruolo, da attaccante a difensore. Mi incavolai di brutto, la presi malissimo, ma ho il pregio di ascoltare chi capisce più di me. Spero di non cambiare mai. Come si dice: fattélla cu chi è meglio ‘e te e fance ‘e spese. Solo il primo di una decina di proverbi in lingua napoletana infilati tra le chiacchiere».

Come è stato l’inizio da allenatore in Serie A?

«In undici giornate ho già sfidato tre allenatori scudettati: Conte, Sarri, Pioli. Mi mancano Allegri e Spalletti. E ogni volta non è un confronto con il loro nome, ma con il loro valore: sento di vivere un qualcosa che ho meritato, non è fortuna o casualità anche con soli due anni di Primavera alle spalle. Con i giovani è più complesso, bisogna studiare le generazioni, il calcio è cambiato come la vita. È in evoluzione. Ma restano i valori, innanzitutto il rispetto».»

A proposito di Conte ha seguito le vicende del Napoli?

«Conte  è un allenatore enorme, la sua storia parla per lui: non ha mai regalato un minuto del suo lavoro e se si parla di permesso, vuol dire che è concordato con il club. Ci sono momenti in cui devi gestire la squadra e anche te stesso o esigenze che all’esterno non si vedono: la verità sta nel centro sportivo e nessuno può varcare quella porta».

Il calcio secondo Pisacane

«Visione, coraggio, responsabilità».»

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