Il ginocchio martoriato di Gavi e il lato nascosto dei contratti degli atleti d’élite (El Paìs)

"Un misto di problemi fisici e soprusi culturali, giovani che si sentono indispensabili, un ambiente che applaude la natura indomita e li distrugge"

Gavi crociato

Spain's midfielder #09 Gavi reacts to injuring his knee during the UEFA Euro 2024 group A qualifying football match between Spain and Georgia at the Jose Zorrilla stadium in Valladolid on November 19, 2023. (Photo by CESAR MANSO / AFP)

“Che mondo è questo, il calcio, che crea eroi con la faccia da bambini e le gambe da veterano, il capolavoro di uno sceneggiatore frettoloso”. El Paìs commenta così l’ennesimo infortunio grave di Gavi, e quel ginocchio devastato dall’usura. Ne fa una questione di pericolo professionale.

“È il lato nascosto di un contratto con l’élite – scrive il giornale spagnolo – un misto di problemi fisici e soprusi culturali perché all’apice dello sport, quella vetta raggiunta solo da pochi eletti, l’impazienza si misura in partite, nemmeno in settimane, mesi o anni. Quello che per un medico sarebbe un tempo di recupero ragionevole, diventa un’attesa insopportabile per il tifoso, sempre bisognoso dei suoi piranha preferiti che mordicchiano le caviglie dell’avversario per non far soffrire la palla. È qui che spesso nasce l’ansia del giovane che aspira a sentirsi indispensabile, spesso alimentata da un ambiente che applaude la sua natura indomita, ma non esita a punirlo o a dimenticarlo quando il suo stesso corpo gli ricorda che anche lui è umano”.

“È sempre un brutto affare quando fame e fama vanno di pari passo. Quando un calciatore gioca come se non ci fosse un domani e la sua squadra ha bisogno di bandiere da issare quando infuria la tempesta. Quando insistiamo a confondere l’epopea con la follia, a partire dagli abitanti degli spalti, insistiamo sempre per accelerare. È la zuppa in cui galleggiano ginocchia come quelle di Gavi, strumenti di lavoro che potrebbero raccontare la loro storia aggiungendo soprannomi alle loro cuciture, un liquido viscoso che trasforma i calciatori in proteine ​​masticabili e facilmente assimilabili, sempre in attesa di un nuovo sapore. Tutti ripetono la narrazione di cura e pazienza, ma poi arriva la partita decisiva, o gli ultimi minuti del duello, e la tentazione è quasi sempre la stessa: perché non rischiare un po’ di più? Solo la vittoria sembra improrogabile e urgente”.

Per El Paìs anche la stampa ha le sue colpe, “troppo incline a inventare storie epiche quando un ragazzino annuncia il suo ritorno in patria. Come si fa a non affrettarsi più del necessario quando ci si guadagna una certa reputazione da gladiatore? La verità è che, almeno nei grandi colossei romani, una certa pausa tra un combattimento e l’altro era consuetudine”.

“In un contesto meno consumistico, si potrebbe smettere di romanticizzare la resilienza di un calciatore che ha già abbastanza da fare per riprendersi e ricostruirsi, senza che il resto del mondo decida di usarlo come specchio”.

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