Alcuni ex calciatori sostengono che il calcio abbia perso il suo fascino e non riesca più ad emozionare come un tempo

La Nación e L’Équipe raccontano, tra il “taconazo” di Redondo e la nostalgia di John Terry, un calcio moderno soffocato da meccanismi e schemi.

calcio terry

Londra (Inghilterra) 21/05/2017 - Premier League / Chelsea-Sunderland / foto Panoramic/Insidefoto/Image Sport nella foto: John Terry

Negli ultimi anni, il calcio ha subito una trasformazione profonda, passando da un gioco fondato su istinto, creatività e imprevedibilità a una disciplina sempre più dominata da schemi rigidi, tattiche meticolose e meccanismi programmati. Quello che un tempo era spettacolo e fantasia si è spesso trasformato in una partita di precisione tecnica e posizionamenti calcolati, dove l’emozione sembra cedere il passo alla strategia e alla routine.

Leggi anche: De Laurentiis elogia Gravina: «Lui e Viglione sono bravissimi, danno il massimo delle potenzialità al calcio italiano»

Il ricordo del celebre “taconazo” di Fernando Redondo incarna perfettamente questa contrapposizione: un gesto di genio e improvvisazione che oggi, nella sua purezza creativa, rischierebbe di essere soffocato da una mentalità troppo meccanica e conformista. Allo stesso modo, John Terry, leggenda del Chelsea, non nasconde la sua amarezza nel vedere un calcio sempre più standardizzato e privo di quei giocatori capaci di emozionare con estro e personalità.

Il ricordo del taconazo contro la meccanica del calcio moderno (La Nación)

Dalla pagina Facebook Ne parlamo ar clab, riprendiamo queste parole pubblicate da La Nación, che ben raccontano la nostalgia per un calcio che non c’è più:

«Non guardo il calcio da anni. Non riesce più ad emozionarmi. È una sensazione strana, perché è stato sempre al centro della mia vita fin da bambino. È cambiato troppo negli ultimi 10/15 anni, è diventato tutto esageratamente programmato. I calciatori sembrano super atleti, dei terminator, pronti a sfidarsi sul campo a colpi di tattica».

In un calcio sempre più dominato da schemi e automatismi, il ricordo del celebre “taconazo” di Fernando Redondo racconta molto più di un gesto tecnico: è il simbolo di una libertà creativa che oggi rischia di essere soffocata. Nelle sue parole, la nostalgia per un gioco in cui l’istinto e la fantasia non erano ancora visti come un errore: «Il taconazo? Andavo spesso via con il tacco agli avversari, ma lo facevo più per mettermi in posizione giusta rispetto alla porta per poter vedere meglio i compagni. Quella volta invece, vidi che c’era abbastanza spazio sul fondo e capii che era il momento giusto per provarci. Quel numero fece il giro del mondo, finì su tutte le prime pagine dei giornali.

Anni dopo mio figlio mi disse: “Papà, ha detto il mister che il tuo taconazo è una cosa sbagliata, perché al tuo fianco avevi un compagno, dovevi scaricarla a lui. Ha detto che noi non dobbiamo ripeterla”. Da quel giorno capii che il calcio sta andando sempre più verso una direzione meccanica, dove la fantasia è stroncata sul nascere da professori che si profetizzano allenatori».

Uno sport che non emoziona più: John Terry sul declino del talento e la tirannia della tattica (L’Équipe)

Anche L’Équipe raccoglie voci simili, questa volta con le riflessioni di John Terry. E viene spontaneo chiedersi se non hanno tutti i torti.

«Non mi piace più guardare il calcio come una volta, per via di come il gioco si è evoluto», ha dichiarato John Terry, leggenda del Chelsea, in un’intervista alla radio britannica TalkSport, amareggiato nell’osservare una tendenza nella quale non si riconosce più. «Per esempio, quando delle squadre giocano contro il Manchester City e ci sono undici giocatori dietro la palla, è noioso. Il Manchester City cerca di rompere la linea avversaria, ma è davvero noioso».

«Non si vedono più giocatori come Eden Hazard o Joe Cole, capaci di farti alzare dalla sedia» ha aggiunto John Terry, secondo cui i profili dei calciatori, sempre più standardizzati, sarebbero all’origine di questa uniformazione del gioco.

Nonostante la delusione per l’evoluzione del calcio moderno, John Terry non ha mai smesso di coltivare la sua ambizione di allenare. L’ex capitano del Chelsea, oggi 44enne, resta convinto di poter portare qualcosa di diverso in panchina: “Nonostante tutto, Terry non ha abbandonato l’idea di diventare allenatore di una squadra professionistica: «La mia passione non è affatto diminuita. Certo che voglio diventare manager. […] Ci vuole tempo. Guardo le partite, le riguardo, seguo corsi, passo tantissimo tempo ad aspettare questa opportunità. […] Mi sento pronto. So di essere pronto»”.

Correlate