Lucescu: «Un giovane che guadagna tanto, è spesso circondato da gente che vuole approfittarsene»

Alla Gazzetta: «La guerra? Più la situazione è drammatica, più il calcio è importante. Scommesse, è anche colpa di chi ha un rapporto diretto coi ragazzi»

Lucescu

Torino 02/12/2020 - Champions League / Juventus-Dinamo Kiev / foto Image Sport nella foto: Mircea Lucescu

Mircea Lucesco ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport. Poco più di venti giorni fa si è dimesso dall’allenatore della Dinamo Kiev. Dimissioni che nel mondo del calcio in molti hanno equivocato. Adesso Lucescu ha l’occasione di fare chiarezza.

Che è successo?

«Che abbiamo iniziato bene, poi nel giro di un mese ho perso una dozzina calciatori, gli stranieri e gli ucraini migliori. Siamo rimasti coi giovani, non sopportavano il clima. Giocare senza pubblico li intristiva. E se domini le partite ma le perdi per errori incredibili, qualcuno si deve prendere la responsabilità. Così mi sono sacrificato per aiutare i ragazzi a superare il blocco mentale. Ma non ho detto di ritirarmi dal calcio, mi ritiravo da quella situazione».

L’Ucraina continua ad essere l’epicentro di una guerra anacronistica:

«Il calcio deve continuare, è importantissimo nella nostra società. Ogni uomo ha due sfere. Una legata ai momenti duri, alle cose da fronteggiare come guerre o malattie. E l’altra fatta di sentimenti, voglia di vivere. In questa rientrano arte, musica, calcio, le cose che fanno star bene. Più la situazione è drammatica, più quello che facciamo conta».

Quando è scoppiata la guerra, Lucesco ha pensato subito ai suoi calciatori e alle loro famiglie. Dopo ha «organizzato un torneo per la pace, amichevoli in tutta Europa. Serviva ai ragazzi per tenersi in forma, e al movimento per lanciare un messaggio».

Lucescu dà ancora lezioni di vita con il calcio, anche quando si parla di scommesse:

«Un giovane che guadagna tanto è spesso circondato da gente che vuole approfittarsene. E la parte educativa dell’allenatore è importantissima, soprattutto per avere giocatori migliori. Ne leggo di tutti i colori, non solo in Italia, e penso che la colpa sia in parte anche di chi ha un rapporto diretto coi ragazzi: ci passi insieme 4-5 ore al giorno, ci parli, devi capire se qualcosa non va. E se i calciatori hanno un problema, alla fine il problema ce l’ha tutto il calcio».

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