A Rai Radio2: «Spalletti non lo faceva giocare, ma non far giocare Totti a Roma è un sacrilegio, quindi ha ricevuto insulti e minacce anche alla famiglia».

L’ex direttore sportivo di Roma e Salernitana, Walter Sabatini, ha rilasciato alcune dichiarazioni a Rai Radio2, ospite della trasmissione “Non è un paese di giovani”, in cui ha presentato il suo libro, “Il mio calcio furioso e solitario”. Sabatini ha parlato di Francesco Totti e dell’allenatore del Napoli, Luciano Spalletti.
«Io a Francesco ho voluto veramente bene e lui mi ha regalato il sublime del calcio, perché il calcio ha un suo aspetto sublime che va apprezzato, cioè quello che va oltre il tuo pensiero. E lui lo superava sempre. Con Spalletti non è stato un litigio, ma una lenta e silenziosa diatriba. Spalletti non lo faceva giocare, ma non far giocare Totti a Roma è un sacrilegio perché lui è un’entità metafisica e ha dovuto quindi accettare insulti e minacce anche dirette alla famiglia. Era una cosa inquietante: avevamo un grande allenatore e un grande calciatore, ma insieme non riuscivano a fare il bene della squadra».
Sabatini ha poi raccontato gli inizi della sua carriera, quando era un giocatore:
«Ero un giocatore insopportabile. Giocavo con tutti campioni, soprattutto nella Roma, e credo non mi sopportassero perché giocavo un calcio infantile, da piazzetta. Ero un giocatore nullo dal punto di vista della concretezza».
Sabatini sulla sua esperienza a Roma:
«Sono un inquieto, riconosco di aver avuto un solo momento, nella mia vita, in cui sono stato in armonia con l’universo: quando la Roma ha vinto le prime dieci partite consecutive e io sentivo la felicità della gente. Nel nostro lavoro l’unico obiettivo deve essere la felicità della gente. Se vedo un bambino disperato per ‘causa mia’, per una sconfitta, mi vorrei ammazzare».