Pelé figura controversa in Brasile, troppo ricco e potente per essere amato da tutti

Su L'Equipe la presentazione di una biografia: vicino alla dittatura, il suo gusto per i soldi ne hanno condizionato l'immagine. Ma l'autore in parte lo difende

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Db Milano 25/05/2016 - photocall film ' Pele' / foto Daniele Buffa/Image nella foto: Edson Arantes do Nascimento

Il giornalista Stephane Cohen ha scritto una biografia che voleva fotografare il Pelé uomo e non l’immagine del calciatore. Sarà pubblicata domani: è una rivisitazione del dietro le quinte a volte oscuro della carriera della leggenda del calcio recentemente scomparsa.

Uno degli intenti del libro, scrive L’Equipe, è quello di confrontare la storia del calciatore con la sua immagine controversa in Brasile.

“Anche a Três Coraçoes, dove non veniva quasi mai, si trova più interesse commerciale che vero affetto per il bambino del paese. In Brasile è stato adorato, ma anche criticato molto. Per la sua vicinanza alla dittatura, il suo gusto per i soldi o il suo maldestro sostegno alla Coppa del Mondo 2014 nonostante gli scandali finanziari legati all’organizzazione dell’evento. Senza contare la sua vita privata segnata da numerosi legami extraconiugali e relazioni spesso distanti con i suoi figli, a volte nati da unione non assunte”.

Cohen non scagiona Pelé delle sue colpe, ma trova per lui delle attenuanti.

«In Brasile, alcuni preferiscono Garrincha a lui, un calciatore che è rimasto povero e nero e che non si è occupato di politica. Sfortunatamente per lui, Pelé era diventato ricco e faceva parte dell’intellighenzia politica… Ministro dello sport tra il 1995 e il 1998, Pelé si era anche opposto ai leader del calcio brasiliano, consentendo ai giocatori locali di liberarsi da un vecchio sistema di diritti di proprietà che li legava indefinitamente al loro club».

Scrive L’Equipe:

Il libro non dimentica di ricordare gli aspetti più oscuri. Gran parte della carriera di Pele è stata persa in infiniti tour mondiali con Santos, spesso finanziati da valigie di denaro. (…) Le partite brasiliane sono state anche di rara violenza. Spesso vittima di aggressioni vergognose, soprattutto durante i Mondiali del 1966, il gentile Pelè rispondeva anche con gomitate o pugni. “In campo, se non lo sapevi, Pele era in grado di uccidere suo fratello per vincere una partita”, dirà Tostao, il suo ex compagno di squadra nella selezione.

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