Blessin: «Nel football americano dicono che l’attacco ti fa vincere le partite, la difesa i campionati»
A Sportweek. «Il pressing? I leoni cacciano in gruppo perché accerchiano la preda. Fare il poliziotto mi ha insegnato a mediare: il mio compito era tenere calme le persone, non agitare il manganello»

Genova 22/01/2022 - campionato di calcio serie A / Genoa-Udinese / foto Image Sport nella foto: Alexander Blessin
Al suo arrivo ha detto ai calciatori del Genoa e alla stampa di «non avere mezze misure». Poi ha fatto sette pareggi consecutivi. Alexander Blessin ha rilasciato una lunga intervista a Sportweek, ha parlato anche di Maradona e della finale di Stoccarda del 1987. Ecco un altro estratto dell’intervista.
Nelle sue prime otto partite da allenatore il Genoa ha preso solo 2 gol, ma ne ha fatti appena 3: si può insegnare ai giocatori a far gol?
«Anche un fenomeno come Lewandowski è rimasto cinque o sei partite senza gol. Destro è uno che in carriera ha dimostrato di saper segnare, se poi inizia a segnare anche Manolo (Portanova), vuol dire che possono segnare tutti. Anche qui è una questione di fiducia, che arriva coi risultati. L’importante è costruire occasioni da rete: più ne abbiamo, maggiore sarà la possibilità di segnare. Poi, a me sta bene anche vincerle tutte 1-0… A ogni modo, sì, ci alleniamo tanto anche sul tiro in porta»
Insomma, conta più la tattica o il talento?
«Il talento ti fa vincere la singola partita, una squadra organizzata la competizione. Nel basket, Michael Jordan era il più forte a fare canestro. Poi cominciò anche a difendere duro: rimbalzi, recuperi… Gli chiesero perché. Rispose: solo se recupero la palla posso fare canestro. Nel football americano dicono che l’attacco fa vincere le partite, la difesa i campionati»
Il suo pressing.
«Ci sono due opzioni di pressing: o attacchi subito il pallone, o porti gli avversari nella zona dove vuoi attaccare la palla. Perché i leoni cacciano in gruppo? Perché accerchiano la preda. Se le corressero semplicemente dietro, la preda potrebbe essere più veloce»
Durante la sua carriera da calciatore ha montato infissi, dopo ha fatto il poliziotto e l’assicuratore. Queste esperienze le sono servite da allenatore?
«Sì. Quando giocavo sentivo che mi mancava qualcosa. Ho anche studiato molto lo sport. Quando sei calciatore, tutti vengono da te. Quando smetti, sei tu che devi andare dagli altri. Il poliziotto deve tranquillizzare, proteggere. Sono stato in servizio durante i cortei: se scoppiavano disordini, il mio compito era tenere calme le persone, non agitare il manganello. Fare il poliziotto mi ha insegnato a mediare. L’assicuratore deve convincere le persone a sottoscrivere una polizza che costa denaro: questo mi ha insegnato a comunicare coi giocatori. Mi piaceva, quel lavoro, però un giorno mia moglie mi guarda e mi fa: “Non hai più quella luce negli occhi. Torna a fare calcio”»