Argentina travolta dalla pandemia, Tevez: “Pensano al calcio mentre le persone muoiono”
La Libertadores dovrebbe ripartire il 15 settembre. L'ex attaccante della Juve: "Il calcio ha molti affari in gioco, ma non possiamo bruciare le tappe"

L’Argentina, come tutto il Sudamerica si trova nello stesso buco infernale nel quale era sprofondata l’Italia qualche mese fa: la pandemia fa numeri da capogiro, e nel frattempo si discute di riavviare i campionati di calcio. “Ma questo non è il momento per il calcio, ci sono persone che stanno morendo”, dice Carlos Tevez.
L’ex attaccante della Juventus, ora simbolo del Boca, riapre una ferita che in Europa abbiamo già dimenticato: il dibattito sull’opportunità che lo spettacolo vada avanti nonostante tutto.
“C’è molta pressione da tutte le parti, ma sapendo che ci sono persone che stanno morendo, è molto difficile tornare a giocare. Questo non è il momento. Gli ospedali sono collassati, e non possiamo andarcene.
“La Conmebol ha indicato il 15 settembre come data per il ritorno della Libertadores. Ma è una data provvisoria, può essere cambiate. Non possiamo bruciare le tappe. Sono preoccupato che le persone stiano bene, in salute, che tutto ciò accada rapidamente. Non sono preoccupato che la Conmebol fissi una data. Il calcio ha molti affari in ballo, ma non tiene conto del fatto che qui ci sono persone malate“.
Tevez non ha ancora firmato il rinnovo del contratto con il Boca nonostante abbia raggiunto l’accordo poiché è confinato nella sua piantagione di Maipú, a Buenos Aires. Ed è stato accusato di aver infranto la quarantena. Lui si difende: “Al mio campo viene continuamente gente a chiedermi autografi e foto. Sono anche andato a parlare con il sindaco. Se sono adulti gli spiego che non si può fare, ma ai più piccoli non riesco a dire di no. Ora, se un agente di pattuglia arriva con un ordine di violazione della quarantena, gli dico che è una cazzata. Sono sulla mia proprietà, e non mi proteggono”.