Discontintuità e mancanza di personalità, i difetti del Napoli che Benitez non è riuscito a correggerre

Fa dannare questo Napoli sbilenco, imprevedibile e ballerino che promette e non mantiene. Ci deve essere, c’è una mediocrità di fondo (tecnica e di carattere) che ne oscura le risorse. Senza Higuain e Callejon dall’inizio, con Insigne in panchina, ma con Hamsik, Gabbiadini, Mertens e gli altri certamente non inferiori agli emiliani, anche il Napoli […]

Fa dannare questo Napoli sbilenco, imprevedibile e ballerino che promette e non mantiene. Ci deve essere, c’è una mediocrità di fondo (tecnica e di carattere) che ne oscura le risorse. Senza Higuain e Callejon dall’inizio, con Insigne in panchina, ma con Hamsik, Gabbiadini, Mertens e gli altri certamente non inferiori agli emiliani, anche il Napoli di domenica a Parma poteva e doveva vincere.

Nelle ultime due partite la squadra di Donadoni aveva beccato otto gol (a Cagliari e a Roma con la Lazio) senza segnarne nessuno esaurendo quella spinta d’orgoglio che l’aveva portata a battere la Juventus. Non ha messo neanche un impegno particolare contro il Napoli. Ha fatto quello che il Napoli le ha permesso e Andujar le ha regalato due gol. Ma tutta la squadra azzurra le ha regalato il primo tempo.

Per la rincorsa ai posti-Champions, tutto è perduto fuorché l’onore buttato via a Parma. Nelle ultime sei partite, il Napoli ha preso sei punti alla Lazio e cinque alla Roma. Avesse vinto a Parma, com’era possibile, il Napoli sarebbe a due punti dal secondo posto (Roma) anziché a quattro e a uno dal terzo (Lazio) anziché a tre. Inutile piangerci su.

Il calendario è ancora favorevole agli azzurri, almeno nei confronti della Lazio che, battuta dall’Inter all’Olimpico con molti errori arbitrali e finendo la gara in nove, ha mostrato quel carattere che il Napoli di Parma non ha avuto, salvo a ridestarsi nel secondo tempo.

Da Parma alla partita col Cesena, lunedì sera al San Paolo, erano in preventivo sei punti per mettere sotto scacco le due squadre romane. Il Napoli ha fallito il primo appuntamento. Non potrà fallire contro il Cesena. La Lazio dovrà giocare sul campo della Sampdoria, lanciata verso un posto in Europa League, e avrà poi il derby prima di chiudere il campionato al San Paolo.

La Lazio e il terzo posto restano gli obiettivi credibili del Napoli che avrà un solo ostacolo alto, la trasferta con la Juventus che, oltretutto, quando “vede” il Napoli, l’antipatico Napoli come l’ha definito Marchisio, ai bianconeri si rizza il pelo.

Ma che cos’ha questa squadra che entra tardi in partita, concede i primi tempi agli avversari e poi vuole spaccare il mondo, ma non sempre gli riesce, come a Parma? L’indecente primo tempo al “Tardini” ha segnato pesantemente la gara con gli emiliani e ha frenato la rincorsa alla Roma e alla Lazio nella giornata delle sconfitte delle due romane.

La rotazione effettuata da Benitez, dovendo considerare l’appuntamento decisivo di giovedì col Dnipro per l’Europa League, c’entra fino a un certo punto. Qualunque formazione avrebbe dovuto avere la determinazione necessaria per mettere subito il Parma sulla difensiva invece di consegnargli il pallino del gioco per 45 minuti.

Perché il Napoli ha aspettato il secondo tempo per avventarsi sull’avversario? Il match è finito come finisce spesso in questi casi. Muro difensivo del Parma e tiro azzurro al bersaglio cavando dalla sventagliata di una diecina di conclusioni nella ripresa un solo gol e un mezzo palo. Il resto l’ha fatto Mirante (almeno sette parate decisive).

L’attesa del Napoli non è l’astuto calcolo di concedere gioco per avere il sopravvento col passare del tempo contro l’avversario cui calano le energie e gli azzurri che alzano il ritmo. Un atteggiamento del genere imporrebbe al Napoli di non subire, di tenere sotto controllo la gara, lontano dalla propria area, pur lasciando l’iniziativa all’avversario.

Andujar è fortemente indiziato sui due gol del Parma, ma tutto il Napoli si è accorciato mollemente per metà gara sotto il baldanzoso inizio degli emiliani senza avere lo spunto di replicare e colpire in contropiede.

Può essere che le difficoltà nascano dalla mediocre qualità del centrocampo nell’impostare il gioco. Se a centrocampo la palla non gira velocemente e non si verticalizza, diventa difficile sorprendere gli avversari pur disponendo di un potenziale offensivo di prim’ordine.

In ogni caso, quale altra motivazione superiore doveva esserci a Parma più dell’occasione d’oro per andare a un passo dalle squadre romane che avevano partite più difficili? Se si parla tanto della necessità di centrare la prossima Champions (anche per motivi economici), Parma era una tappa determinante con la finale di Europa League ancora tutta da conquistare. Una squadra seria, fortemente “spinta” dalle ultime “indicazioni” nello spogliatoio, sarebbe entrata in campo al “Tardini” prendendo subito alla gola gli undici di Donadoni.

Con le otto novità di Benitez, rispetto alle due ultime partite, in previsione della semifinale di ritorno col Dnipro in Ucraina dopo l’1-1 al San Paolo, a Parma giocavano comunque fior di giocatori. Non c’è una risposta attendibile al primo tempo arrendevole del Napoli di fronte a un avversario orgogliosamente motivato ma già retrocesso, con pesanti problemi di sopravvivenza e reduce da due disfatte, pur vantando un notevole orgoglio nelle partite sul suo campo dove aveva battuto Juventus e Palermo prima di affrontare il Napoli.

Perdurano la discontinuità della squadra azzurra, la mancanza di personalità, il passo non da grande squadra, la scarsa capacità di gestire le partite, insomma i grossi difetti che Benitez non è riuscito mai a correggere.

C’è da augurarsi che questo Napoli giochi giovedì a Kiev contro il Dnipro con la massima determinazione senza concedere nulla, meno che meno il primo tempo, vizio ricorrente degli azzurri. All’andata, anche contro gli ucraini, i primi 45 minuti non furono proprio una favola.
Mimmo Carratelli 

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