Taglialatela: «Le dichiarazioni di De Laurentiis, negli anni, devono avere infastidito qualcuno»
L'ex portiere intervistato da Repubblica Napoli: «Napoli è una piazza difficile: se ti esalti, inizi a sentirti onnipotente. E pretendi di dire la tua anche fuori dal campo»

Repubblica Napoli intervista Pino Taglialatela, Batman, lo storico portiere del Napoli di un tempo. Oggi allena i portieri delle giovanili a Ischia.
«Molti di loro neanche erano nati quando io paravo al San Paolo. Prendono gli smartphone e cercano su Google. E dicono: “Ma davvero facevi ’ste parate? Mamma mia”».
Taglialatela racconta di aver scelto di fare ciò che gli piaceva, in una dimensione più ridotta. E di averlo fatto anche perché il calcio è cambiato.
«Adoravo il campo, ma una volta appese le scarpe al chiodo prima ho tirato un sospiro di sollievo. Nel calcio di una volta, il mio calcio, c’era più spazio per la passione. Oggi conta il business e per ritrovare stimoli ho deciso di ripartire da zero».
Del resto è proprio a Ischia che cominciò la sua carriera nel calcio.
«Giocavo nel settore giovanile dell’Ischia. Contro il Napoli, ad Agnano, davo ogni volta il meglio di me. Alle spalle, chiacchieravano tra loro Sormani, Rivellino e Abbondanza. Avevo 15 anni: non passai inosservato. Quello che più di tutti mi notò fu Castellini, da sempre il mio idolo, più di Zoff. Sognavo di volare come lui, quando mi scelse mi sentii arrivato».
Il ricordo più bello nel Napoli, per lui, fu l’anno del primo scudetto.
«Mi allenavo con la prima squadra, feci il ritiro con Maradona e Careca. Mi bastava aiutare il magazziniere: quando andavano via tutti, mi capitava anche di parare qualche punizione di Diego».
Taglialatela dice la sua anche sul momento che sta vivendo il Napoli.
«Non mi aspettavo un crollo simile. Sembra di essere tornati ai miei tempi, ma allora – e penso all’anno della retrocessione – la squadra era modesta e la società non c’era. Oggi il Napoli ha una rosa di primo piano: è accaduto qualcosa di strano. Il mancato ritiro è solo la punta dell’iceberg: le dichiarazioni di De Laurentiis, negli anni, devono avere infastidito qualcuno. E Napoli è una piazza difficile: se ti esalti, inizi a sentirti onnipotente. E pretendi di dire la tua anche fuori dal campo».
Batman parla anche di Maradona. Nel calcio di oggi, dice, sarebbe più tutelato.
«Diego è stato un campione non semplice da gestire. Poteva anche sbagliare nella vita privata, ma in campo non lesinava mai uno sforzo. Mai. A Napoli lo abbiamo visto solo al 50 per cento delle sue potenzialità. Ed è sempre stato un grande altruista. Gli devo un congruo adeguamento di contratto».
Si riferisce a quando, alla vigilia di Napoli-Parma, a cena con Diego, Crippa, De Napoli, Ferrara e Galli, Maradona seppe che Taglialatela guadagnava 60 milioni l’anno.
«Iniziò a inalberarsi urlando “Luciano!”. Arrivò Moggi e lui gliene disse quattro. Io mi nascosi, temendo il peggio. Non dormii, l’indomani vincemmo 4-2. Il martedì Carmando mi annunciò che Moggi voleva parlarmi. Rimasi sotto la doccia due ore, rinviando un momento che temevo risolutivo. Mi disse: siediti e firma. Mi triplicò lo stipendio, rinnovando il contratto per 5 anni. Non vedo Diego dal 2017: quando prese la cittadinanza onoraria, lo portai a Ischia per una sera. Non lo seppe nessuno».
Da un anno, Taglialatela è stato assolto dall’accusa di essere un prestanome di un esponente di un clan camorristico.
«Un incubo. La giustizia ci ha impiegato 6 anni e 2 mesi. Sbattuto in prima pagina prima delle indagini. Per opportunità ho smesso alcune importanti collaborazioni, tra cui quella con la Fondazione Real Madrid. Dicevano che ero prestanome di un malavitoso. Avevano trovato un ciclomotore intestato a me nella disponibilità del marito di mia cugina e una anche Panda intestata a me ma utilizzata da una mia zia. Ho pagato una mia leggerezza, ma non dimentico quel che ho dovuto subire».