Dialogo tra il Ciuccio e la zebretta: «Un friulano, alla fine, è un napoletano inesploso»

“Non credere che siamo parenti”, mi dice la Zebretta. È fin troppo evidente capire con chi ce l’abbia. Udine città e Udine squadra hanno come simbolo lo stemma della famiglia Savorgnan, le maglie bianconere hanno fatto in modo che qualcuno attribuisse a questa squadra una figura uguale a quella della Juve. La Zebretta sorride. “Ma […]

“Non credere che siamo parenti”, mi dice la Zebretta. È fin troppo evidente capire con chi ce l’abbia. Udine città e Udine squadra hanno come simbolo lo stemma della famiglia Savorgnan, le maglie bianconere hanno fatto in modo che qualcuno attribuisse a questa squadra una figura uguale a quella della Juve. La Zebretta sorride. “Ma la nostra è un’altra vita, non abbiamo nulla in comune con i signori di Torino. Né la potenza economica né la maniera di guardare il calcio”. Il nostro dialogo parte da qui.

Zebretta: “Se per loro vincere è la sola cosa che conta, per noi la sola cosa che conta è esserci, ed esserci con i nostri valori. La serietà, l’onestà, la laboriosità. L’Udinese è una squadra che fa popolo, una squadra comunità, con un orgoglio territoriale che va oltre questa maglia. È orgoglio per i figli di questa terra e per aver dato all’Italia gente tutta di un pezzo come Rocco, Bearzot, Zoff, Capello. È orgoglio anche per chi di questa terra ha scelto di essere figlio adottivo, penso per esempio al tuo conterraneo Di Natale”.

Ciuccio: “Tu ce l’hai una spiegazione delle sue assenze alle partite di Napoli? Sono anni che non gioca al San Paolo, puntualmente arriva la squalifica, o un infortunio, un contrattempo. Qual è la tua idea?”.

Zebretta: “Vedi, Ciuccio, bisogna conoscere la nostra lingua per capire. Il friulano non ha neppure un termine per definire il concetto di uomo felice. L’aggettivo felice non esiste. Qualcuno usa beât, beato, qualcun altro dice content. Ma si tratta di una definizione incompleta. È più soddisfazione che gioia, non felicità totale. C’è sempre una sfumatura di precarietà nel nostro essere felici. Anche quando siamo felici siamo prima di tutto friulani. Io credo che Di Natale si senta così, credo che sia diventato friulano specialmente su questo aspetto. Perciò essendo Napoli il luogo della sua infanzia e della memoria, dunque per definizione il luogo in cui è stato felice, ora si sente sprovvisto degli enzimi linguistici e biologici per tornarci”.

Ciuccio: “Ti sei rifugiata in una spiegazione antropologica-letteraria, io mi aspettavo qualcosa di sentimentale o addirittura di morboso”.

Zebretta: “Non teorizzerò mai la superiorità del pensiero sull’azione, ancora meno quella del sentimento. Senza concedere troppo al luogo comune, la friulanità è anche invalidità sentimentale, almeno nel senso in cui intendete voi il sentimento. In friulano “ti amo” si dice “ti voglio bene”, mentre “abbracciami” si dice “stringimi”. È la concretezza che prevale sull’etereo. Anche a costo di sembrare un popolo che sulle corde dell’affettività suona un tono sotto”.

Ciuccio: “Eppure, trent’anni fa circa il vostro comportamento fu tutt’altro che friulano quando la Federcalcio sembrava non voler autorizzare l’ingaggio di Zico. Andaste in piazza con gli striscioni: o Zico o Austria. Posso dire che in quell’occasione il vostro rapporto con il calcio fu molto poco friulano?”.

Zebretta: “Non voglio cercare giusificazioni. Fummo latini in quella occasione e fu bello scoprire che c’era qualcosa per cui valesse la pena perdere il nostro abituale controllo. Non c’era niente di più distante da noi, scendere in piazza per un calciatore, e non per un tedesco, o uno svizzero, no, per un brasiliano. Furono due anni meravigliosi, anni dopo sono venute le qualificazioni per la Champions, la sfida a Messi e le delusioni per le uscite ai preliminari, con la consapevolezza che la nostra dimensione sia in ogni caso un’altra”.

Ciuccio: “Non so quanto tu segua le vicende del Napoli, ma spesso qui in città da noi si dice che il Napoli è un’Udinese in grande. Acquisti calciatori, li valorizzi, li vendi. Personalmente dissento da questa interpretazione, ma adesso non è questo di cui voglio parlare. Voglio chiederti se tu ritieni che fare calcio in questo modo sia giusto o sbagliato”.

Zebretta: “Credo che sia la sola maniera possibile di fare calcio oggi se non sei fra quelle 4-5 società al mondo che possono permettersi tutto. Infatti le altre si regolano così, ciascuna con la propria scala. I calciatori li vendono il Borussia, l’Atletico Madrid, l’Arsenal. La differenza tra un club ambizioso e uno che naviga a vista sta nella capacità di reinvestire l’incasso. Se vendi Cavani e compri Higuain più Callejon non riesco a dire che ti sei indebolito o che hai rimpicciolito le tue ambizioni. L’Udinese vende ma non investe in giocatori già pronti, dirotta i capitali verso nuove scoperte, nuovi talenti, su terreni vergini. In questo senso, allora, non mi sembra che le due politiche societarie possano dirsi comparabili”.

Ciuccio: “Non riesco mai a capire, quando parli, se guardi il lato ottimista della vita o quello pessimista. Non ho capito se nella friulanità risiede la capacità di guardare il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto”.

Zebretta: “Siamo terra di gran vino, passami la battuta: un bicchiere, quando anche fosse mezzo vuoto, non sarebbe certo un problema. Sai qual è il punto? La nostra è la capacità di guardare sempre il vero lato della vita, e la vita non ha mai una faccia sola. La realtà è bianca, è nera, oppure bianconera. Se devo trovare un punto in comune con voi, mi pare di poter dire che entrambi siamo inclini all’individualismo, ma quando c’è da fare squadra forse noi siamo più bravi a violentare la nostra natura. Tu dici che tutto questo ha a che fare con il calcio e con la partita?”.

Ciuccio: “Io dico di sì. Io credo che i caratteri di un popolo incidano sulle squadre che in quell’ambiente vivono. Ci sono calciatori che sono fatti per alcune città e che in altre fatico a vedere”.

Zebretta: “Non so a chi tu ti riferisca, ma ti ricordo che due friulani come Zoff e Reja sono stati molto amati a Napoli”.

Ciuccio: “Sia Zoff sia Reja sono assolutamente adatti a Napoli, magari per contrasto, ma lo sono. O forse significa che noi e voi non siamo poi così distanti. Per esempio, Scuffet con la maglia del Napoli ce lo vedrei bene, almeno quanto sta bene Di Natale con la maglia dell’Udinese”.

Zebretta: “Glielo dirò, allora. Quando sarà il momento di decidere e diventare grande, Scuffet potrebbe anche scegliere di farlo lì da voi. Anche io, sai, credo che si troverebbe bene. Un friulano, alla fine, è un napoletano inesploso”.
Il Ciuccio

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