Giulini, presidente del Cagliari: “Frustrante essere bollati come città razzista”

Intervistato dal Corriere della Sera: "Bisogna lavorare sui bambini. Quei buu sono figli di pochi imbecilli ma vanno eliminati con steward, tecnologia e l'aiuto degli altri tifosi"

giulini

Il Corriere della Sera intervista Tommaso Giulini, presidente del Cagliari.

Giulini racconta di sentirsi cagliaritano di adozione e parla di cosa voglia dire condurre una squadra in Sardegna, regione considerata periferica.

“È una terra spesso dimenticata, con un Pil inferiore alla media. I nostri ragazzi fino ai 14 anni non possono giocare con altre squadre professionistiche e questo complica le cose. In sinergia con l’Olbia cerchiamo di colmare il gap: abbiamo 40 academy e 4 centri di formazione”.

Il punto di forza è la fierezza dei sardi, che spinge a non soccombere alle prime difficoltà, dice.

Il presidente racconta dei suoi trascorsi nelle giovanili del Milan e dell’incontro con Gigi Riva e della convenienza dell’investimento nel calcio.

“La nostra azienda non vende ai consumatori e non abbiamo un beneficio diretto. Ma se guardiamo all’investimento di 5 anni fa, anche grazie all’aumento dei diritti tv, non siamo in negativo”.

Giulini definisce Zeman una delusione:

“Per me lo è stata, perché lo avevo mitizzato. Credevo che in A potesse fare molto bene, ma mi sono reso conto che a livello di gestione di gruppo e staff mancava qualcosa”.

Non gli piacciono i calciatori nella loro veste sempre più social, dice:

“Ci sono tanti ragazzi colti e informati con cui discutere. Mi dà fastidio che siano sempre sui social. Vorrei che il mio allenatore ne vietasse l’uso, se non altro a tavola”.

Sui buu razzisti ascoltati a Cagliari

“Mi fa piacere che in Italia siano stati una sorpresa, rispetto all’estero: la parte più frustrante, con la storia di emigrazione che abbiamo, è essere bollati come una città razzista. Anche se sono stati pochi imbecilli solo al momento del rigore di Lukaku, o del bresciano Donnarumma, ciò non toglie che tutto questo vada eliminato”.

La ricetta?

“Con più steward, con l’aiuto degli altri tifosi e la tecnologia. Ma bisogna lavorare sui bambini: la nostra scuola di tifo insegna a non tifare mai contro l’avversario”.

 

Correlate