Quell’abbraccio a Genova, importante novità del Napoli di Benitez

Avremmo incassato come un atto dovuto il superamento dei preliminari ai danni dell’Athletic Bilbao (quarto nella Liga, dietro ad Atletico Madrid, Barcellona e Real), figuriamoci se il successo conquistato domenica sera a Marassi all’ultimo secondo avrebbe mai potuto scaldare i nostri cuori. I cuori di una tifoseria che si sta consumando e accartocciando su se […]

Avremmo incassato come un atto dovuto il superamento dei preliminari ai danni dell’Athletic Bilbao (quarto nella Liga, dietro ad Atletico Madrid, Barcellona e Real), figuriamoci se il successo conquistato domenica sera a Marassi all’ultimo secondo avrebbe mai potuto scaldare i nostri cuori. I cuori di una tifoseria che si sta consumando e accartocciando su se stessa alla ricerca di una certezza della vittoria che, va da sé, nello sport come nella vita non può mai esistere.

Eppure domenica sera a Genova è successo qualcosa di straordinario. Il Napoli, reduce dalla batosta di Bilbao e travolto dall’ondata di rabbia e depressione che ha investito la città, ha vinto una partita col carattere. Chi ha praticato un qualsiasi sport, sa benissimo che le partite vanno vinte. Sempre. E che nessuno ti regala niente. E che per vincere – sembra una banalità ma non lo è – occorre innanzitutto voler vincere.

C’è stato un momento, domenica sera a Marassi, che potrebbe aver marcato un prima e dopo nella storia di questo Napoli. È stato l’abbraccio pre partita degli undici giocatori disposti in cerchio. A memoria nostra, ma anche di altri, nel Napoli di Benitez non era mai successo. Perché al Napoli di Benitez si imputa proprio la mancanza di coesione, di anima, l’assenza di un gruppo. Troppo scientifica, professionale, la condotta di Rafa. Quegli undici giocatori in maglia azzurra disposti in cerchio è parso un segnale. Il primo segnale tangibile all’indomani della conferenza stampa in cui Rafa ha continuamente invitato all’unità.

E a Genova il Napoli ha mostrato sempre voglia di vincere. È andato in vantaggio praticamente subito, sfoderando un classico del repertorio: assist al bacio di Higuain e destro all’angolino di Callejon. Poi il Napoli ha sofferto. Tanto. È parsa ancora una volta una squadra con scarso drenaggio e sui palloni alti Koulibaly è stato sovrastato da Pinilla. In una di queste occasioni, il cileno ha pareggiato. Alzi la mano chi non ha pensato al 4-1 del Napoli di Donadoni. “Ora crolliamo”.

E invece non siamo crollati. Anzi. Il Napoli è cresciuto alla distanza. Direte voi che il Genoa è calato fisicamente. E grazie, rispondiamo noi, sfidiamo qualunque squadra a correre così novanta minuti. Il Napoli è diventato sempre più pericoloso. Ha avuto tante occasioni. Con Higuain. Insigne. Mertens. Ancora Higuain. Fino al gol di De Guzman. Segnato al 95esimo. Un gol fortemente voluto. Una vittoria di puro carattere. Di quei successi che ti fanno comprendere la voglia di vincere di una squadra.

Purtroppo a Napoli siamo in tutt’altre faccende affaccendati. Se smettessimo di inveire scioccamente contro un presidente che non ci ha comprato Breitner e Stielike e degnassimo i nostri calciatori di quel calore che loro ci stanno chiedendo in ogni modo, riusciremmo anche a goderci serate come quella di domenica. Ovviamente non sappiamo cosa ci riserverà il futuro. Ma siamo certi che se avesse vinto l’Inter così (o anche la Roma eh), il giorno dopo si sarebbe parlato del carattere di Mazzarri o di Garcia. La nostra, invece, sembra sempre una vittoria dovuta.

Dopo la partita, non pochi calciatori del Napoli su Twitter hanno seguito Benitez e rivolto l’invito all’unità. Ormai il mercato è finito. Stielike non è arrivato, nemmeno Breitner. Ma c’è una stagione davanti. I calciatori l’hanno cominciata con quell’abbraccio. E Benitez nel post-partita ha rincarato la dose, sottolineando giustamente che il calcio è un gioco, non una tragedia. Forse è il caso di non portarlo troppo per le lunghe questo atteggiamento autolesionistico. Facciamo la nostra parte. Contribuiamo a giocarcela. Poi possiamo perdere, per carità. Fa parte del gioco. Ma se nemmeno ci proviamo, non lo sapremo mai.
Massimiliano Gallo

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