Se a Napoli è cambiato il vento su Benitez, il Napolista è contento

«La adoro Napoli, non sapere cosa succede domani, il talento. C’aggià fa’, la amo». Così si è espresso due giorni fa Beppe Grillo in un’intervista concessa al Corriere del Mezzogiorno. Tranquilli, non viriamo sulla politica. Non è il caso. Ma quella frase colpisce. L’uomo comunque nuovo della politica italiana ha un concetto così stereotipato della […]

«La adoro Napoli, non sapere cosa succede domani, il talento. C’aggià fa’, la amo». Così si è espresso due giorni fa Beppe Grillo in un’intervista concessa al Corriere del Mezzogiorno. Tranquilli, non viriamo sulla politica. Non è il caso. Ma quella frase colpisce. L’uomo comunque nuovo della politica italiana ha un concetto così stereotipato della nostra città. “Adoro Napoli”. “Non sapere cosa succede domani”. “Il talento”. Insomma, funiculì funiculà.

Tutto il contrario di quel che disse, sempre al Corriere del Mezzogiorno, Rafa Benitez: «Non mi piace quando si parla di Napoli città speciale. È un atteggiamento che va cambiato. Napoli è una città che ha tante cose da insegnare. Sono gli stessi napoletani a dire “Ma noi siamo diversi”. Sarà un problema. Noi invece dobbiamo conoscere gli obiettivi che vogliamo raggiungere. Dove vogliamo arrivare. E lavorare per quello. Non si cambia idea ogni settimana. Alla fine analizziamo quel che abbiamo fatto e decidiamo se proseguire su quella strada o cambiarla». Che a noi parvero le dichiarazioni di un uomo innamorato di Napoli, convinto che anche qui possono avere cittadinanza concetti quali la programmazione, il lavoro, l’impegno e il sacrificio.

E sono proprio le dichiarazioni di Benitez e il suo comportamento da quando è arrivato a Napoli che ci hanno spinto l’altro giorno, quasi in solitudine, a esprimere dubbi sulla soddisfazione emersa all’indomani dell’eliminazione subita dal Porto. Perché quella gara, come abbiamo scritto, ha restituito al Napoli l’immagine di una squadra che si impegna, prova a mettere alle corde l’avversario per poi abbattersi alla prima contrarietà ed uscirne sconfitto.

Noi napolisti non dovevamo convincerci della bontà del gioco espresso da Benitez. Lo avevamo ammirato contro il Borussia, contro l’Arsenal, nel doppio confronto di Coppa Italia contro la Roma. Consapevoli che una squadra disabituata a lottare su più fronti contemporaneamente non possa giocare sempre in modo spettacolare. E avevamo apprezzato la virata utilitaristica degli azzurri. Una grande squadra, una squadra vincente, è una squadra in grado di soffrire, di superare indenne i momenti di difficoltà per poi tagliare vittoriosa il traguardo. Siamo certi che la logica del “grazie lo stesso” non appartenga alla filosofia di Benitez. È per questo motivo che – dopo aver applaudito il Napoli al San Paolo fino all’uscita dell’ultimo giocatore – abbiamo scritto che però ci saremmo aspettati una squadra più cinica, più attenta al risultato finale. Come a Torino. E come hanno dimostrato di essere le squadre di Benitez.

C’è pero da registrare una novità. A Napoli l’eliminazione dalla Europa League non ha sollevato le polemiche che forse era fisiologico attendersi considerato il polverone cui ultimamente avevamo assistito anche dopo alcune vittorie, come quella sullo Swansea e contro il Torino. E invece il gioco, la generosità messi in mostra dal Napoli hanno persuaso parte della tifoseria. Che addirittura hanno vissuto la partita di giovedì come un momento positivo. Non noi, dobbiamo dirlo. Che una serata simile (molto, ma molto più emozionante, in verità) l’avevamo vissuta con l’Arsenal. Che di dubbi sul gioco e sulla tenuta del Napoli di Benitez non ne abbiamo mai avuti.

Con un bel po’ di rabbia in corpo – perché non ci è ancora passata – registriamo comunque positivamente l’abbandono dello scetticismo rafaelita da parte di una fetta della tifoseria. Potremmo sintetizzare con un “meglio tardi che mai” e facciamo finta di non notare come, ancora una volta, sia una sconfitta a mettere d’accordo una certa fetta di tifosi napoletani che finalmente possono indossare l’abito per loro più usuale. Strepitiamo per una vittoria all’ultimo minuto a Torino e invece sorridiamo per un’eliminazione subita in maniera quasi irridente. Lo sconfittismo nella sua forma più pura.

Può andar bene anche questo. Come nelle cronosquadre, il tempo si prende sul quarto della compagine. Abbiamo aspettato i ritardatari. Va bene. A patto di darsi i cambi giusti quando tornerà a spirare il vento contrario.
Massimiliano Gallo

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