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Chiedo scusa a Callejon ma sto con la curva!

La restituzione della maglia al capitano (e non a Callejon) e’ un’azione di resistenza non-violenta, una ribellione simbolica, un segnale di disobbedienza civile

Chiedo scusa a Callejon ma sto con la curva!

Dopo una settimana a leggere commenti esasperati, e non solo sui social, che stigmatizzavano il “folle gesto” dei tifosi del Napoli che, per protesta, hanno restituito la maglia lanciata dal capitano del Napoli, calmate un po’ le acque, mi permetto, in qualità di Napolista “a vita”, di dissentire dalla posizione assunta anche da questo stesso giornale.

Il gesto è stato strumentalizzato

Tanti, forse troppi, hanno strumentalizzato la vicenda puntando sull’offesa al giocatore Callejon.

Ma in questo caso  non si è trattato di oltraggiare un calciatore che, anche secondo il mio modesto parere, merita il rispetto di tutti quanti noi e a cui chiedo scusa anche io, anche se per un motivo che e’ un po’ diverso dalle tante banali (ma vere) motivazioni lette in questi giorni: 300 presenze con la maglia azzurra sempre “sudata”, mai una dichiarazione fuori posto, ecc…..come se fosse un fatto straordinario guardagnarsi la pagnotta (una bella pagnotta) in maniera professionale.

No, io gli chiedo scusa perché la reazione e’ stata manifestata nei confronti dell’unico giocatore  dotato di una caratteristica carente nel nostro Napoli: la cazzimma. Quel neologismo dialettale a noi ben noto che merita però essere tradotto per chi ci legge aldilà del Volturno.

Un giocatore con la cazzima

In effetti la cazzimma è innanzitutto la ‘furbizia opportunistica’, e colui che tiene la cazzimma è propriamente un individuo furbo, scaltro, sicuro di sé, è il dritto che sa cavarsela, anche se ciò comporta ogni tanto prevaricare su gli altri.

A me Callejon piace pecche’ e’ l’unico che ten ‘a cazzimm’.

Ma questo ragionamento esula dalla essenza della strumentalizzazione.

Ebbene sarò impopolare ma la protesta dei tifosi del Napoli, sebbene non giustificata dalla sostanza (chi mi segue conosce le mie posizioni papponiste), e’ legittima e civile.

E’ una azione di resistenza non-violenta, una ribellione simbolica, un segnale di disobbedienza civile simile ai fischi (o altri rumori di dissenso) che dal loggione dei teatri, luoghi sicuramente frequentati da spettatori meno vivaci, si sono levati nei confronti  anche di grandi maestri del canto e della prosa.

Ho la sensazione che l’anti-papponismo abbia prodotto anche una sorta di mutazione antropologica di certa etnia napoletana che ora sembra tutta orientata ad evidenziare qualsiasi atto o comportamento minimamente trash.

Non bisogna perdere ragione e ironia

Orsù cari colleghi e concittadini, siamo meno seriosi e ricordiamoci sempre che, come ricordava Giovanni Arpino, magister assoluto, tifo deriva dal greco e significa “nebbia”. Per questo gli appassionati, di questa o quella squadra, sono “annebbiati”, ma ciò non deve cancellare la ragione e l’ironia, il saper prendere il gioco così com’è, soprattutto quando la partita finisce.

La restituzione della maglia al capitano (e non a Callejon) e’ una forma di protesta simbolica vista e vissuta in tutte le città più civili del mondo.

Ho un ricordo sbiadito di un episodio simile accaduto  negli anni ‘70 quando nei confronti di Sandro Mazzola, icona nerazzurra e meneghina (sicuramente più  attaccato alla maglia dello spagnolo Callejon), fu bloccata l’auto all’uscita del centro della Pinetina in segno di protesta per una delle tante annate balorde dell’Inter.

All’epoca i tifosi (o pseudo-tali) napoletani, in segno di dissenso, mettevano bombe o lanciavano petardi mortali all’ingresso della rampa di scala che, sotto il settore distinti, portava agli spogliatoi.

Un salto di civiltà sportiva, anche nelle contestazioni, c’è stato.

Prendiamone atto e forza Napoli sempre

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