Mario Rui: «Pensavo che Conte fosse un allenatore difensivo, invece ha sempre voluto un Napoli padrone del gioco»
A Tuttosport: «Con Spalletti abbiamo sognato anche la Champions, ma passò il Milan anche con qualche episodio arbitrale sfortunato»

Napoli 02/09/2023 - campionato di calcio serie A / Napoli-Lazio / foto Image Sport nella foto: Mario Rui
Mario Rui, uomo simbolo della gestione tricolore di Spalletti e ancora oggi amatissimo dal popolo azzurro, si racconta in una lunga intervista a Tuttosport, a firma Paolo Pirisi. Ecco le sue parole.
Le parole di Mario Rui
Quanta voglia di calcio le è rimasta dopo quasi un anno senza squadra?
«Tantissima. Anche se mi sono un po’ disconnesso dal calcio, mi sto godendo la famiglia. Continuo ad allenarmi molto e penso di essere davvero vicino al rientro».
A Napoli è considerato immortale: è stato il vicecapitano del terzo scudetto. Che effetto le fa?
«“Immortale” è una parola forte, forse troppo grande per me. Sono stato fortunato: vincere lo scudetto lì è una gioia immensa, indescrivibile, travolgente. Ricordo soprattutto che le basi di quel trionfo le avemmo messe già in ritiro. Erano andati via tanti giocatori importanti, a Dimaro ci siamo compattati e uniti, abbiamo fatto un patto. Tanti dubitavano di noi, tranne Spalletti. In ritiro siamo diventati un gruppo fortissimo, stavamo davvero bene insieme».
Ora c’è Luciano Spalletti alla Juve. Che reazione ha avuto quando l’ha saputo?
«Non mi sono stupito: è il migliore, l’allenatore più affidabile. Alla Juve avevano bisogno di un grande tecnico. Con lui ho vissuto momenti stupendi: trovarne uno migliore libero era impossibile».
È l’allenatore che le ha dato di più nella carriera?
«Faccio fatica a scegliere tra lui e Sarri. Maurizio mi ha formato tecnicamente e tatticamente, mi ha trasmesso conoscenze che mi sono portato dietro ovunque. Spalletti invece è il più completo che io abbia mai avuto: è il migliore per come gestisce ogni aspetto, dal campo allo spogliatoio fino alla comunicazione».
Sulle differenze con Conte
Ricorda un suo discorso che l’ha particolarmente emozionata?
«Spalletti preparava ogni discorso pre-partita per farci vivere emozioni forti. Sapeva toccare il cuore, entravi in campo e volavi. L’80% di quello scudetto è suo: basta pensare che dormiva a Castelvolturno, quello era il suo bunker. Ha sacrificato tutto, anche la sua vita privata».
Lei ha conosciuto anche Antonio Conte. Che differenze ha notato rispetto a Spalletti?
«Conte mi ha colpito tantissimo, anche se ho lavorato poco con lui. Non lo conoscevo e pensavo fosse un allenatore difensivo, invece ha subito trasmesso mentalità vincente. In ritiro ha imposto subito la sua missione: voleva un Napoli padrone del gioco. Lui e Spalletti sono entrambi diretti e onesti, qualità rarissime nel calcio. Lo scudetto dell’anno scorso non è stato un miracolo di Conte. Metà di quella squadra aveva già vinto con Spalletti, anche se venivano da una stagione complicata. Penso che Conte abbia avuto lo stesso peso che ebbe Spalletti nel nostro scudetto».
Giuntoli ha mai pensato a lei per la Juve?
«Ne riparleremo quando smetterò. Ho troppo rispetto per il Napoli e qualsiasi parola potrebbe ferire. Preferisco passare».
Più forte l’ultima Roma di Spalletti o il Napoli del terzo scudetto?
«La Roma aveva più talento puro, ma il mio Napoli aveva uno spirito incredibile. Per un periodo abbiamo sognato anche la Champions: ai quarti ci credi, e a livello di prestazioni facevamo paura in tutta Europa. Passò il Milan anche con qualche episodio arbitrale sfortunato per noi».










